Vaccinazioni, verso la terza dose per le persone più fragili. Ma sul resto mancano dati per valutare
Fauci: "Al momento non vediamo la necessità di offrire dei richiami a tutti". Crisanti: "servono più dati, al momento non possiamo capire i correlati di protezione del vaccino". Broccolo: "Non è per niente scontato che una terza somministrazione rafforzi le difese immunitarie"
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ROMA. E' presto per decidere sulla terza dose a tutta la popolazione, ma è invece possibile dire che un nuovo richiamo possa essere utile ai più fragili: è questa la posizione l'immunologo Anthony Fauci secondo il quale la decisione e' ormai imminente.
"Al momento non vediamo la necessità di offrire dei richiami", ha detto oggi ai media direttore dell'Istituto americano per la ricerca sulle malattie infettive (Niaid) ed esperto dell'amministrazione Biden sulla pandemia. E mentre negli Stati Uniti l'ente per il controllo sui farmaci si prepara a dare il via libera alla terza dose del vaccino anti Covid-19 per le persone fragili, Fauci ha giudicato "probabile che un richiamo vaccinale verrà dato a un certo punto in futuro".
Anche alla luce del fatto che si sta già vedendo "in certi casi indicazioni di una diminuzione nel tempo della protezione", ha aggiunto.
Hanno già detto decisamente sì alla terza Israele e Regno Unito; in Francia, intanto, il ministero della salute ha riferito che sono cinque milioni gli anziani considerati ad "altissimo rischio" sanitario e alle quali viene assegnata la priorità per la terza dose. Se anche in Italia ci sono aperture verso la possibilità di una terza dose di pazienti più fragili, dal mondo della ricerca si preferisce attendere i dati prima di prendere qualsiasi decisione. Servono dati: senza queste informazioni fondamentali sul comportamento del vaccino non è possibile si possa prendere una posizione sulla terza dose del vaccino anti Covid-19 ed è per questo che negli Stati Uniti i dati sull'efficacia del vaccino vengono controllati costantemente.
"Il problema di fondo è che non capiamo i correlati di protezione del vaccino, non capiamo come mai persone con livelli di anticorpi elevatissimi si ammalano", ha detto all'Ansa il microbiologo Andrea Crisanti, dell'Università di Padova.
"Dal punto di vista del buon senso, la terza dose andrebbe bene per i pazienti fragili, ma quando si devono prendere decisioni in materia di sanità pubblica, queste devono essere dettate da esperienza, buon senso e dati, e al momento - ha rilevato - i dati mancano".
Le prime informazioni utili potranno arrivare da Israele, che dopo aver pubblicato i dati sull'efficacia riscontrata nei vaccinati a partite dal gennaio scorso, ora di prepara a somministrare la terza dose.
Il premier israeliano Naftali Bennett ha deciso di accelerare mediante la somministrazione della terza dose di vaccini Pfizer anche agli over 50 che hanno ricevuto le prime due dosi oltre cinque mesi fa.
Il grande problema, per Crisanti, è l'eventuale arrivo di una variante resistente ai vaccini: se dovesse accadere, ha detto, la terza dose sarà irrilevante.
Sottolinea la mancanza di dati anche il virologo Francesco Broccolo, dell'Università di Milano Bicocca: "Al momento sulla terza dose non ci sono dati pubblicati, neanche un lavoro scientifico consultabile, e di conseguenza non è non possibile dire che il richiamo possa far aumentare il titolo di anticorpi neutralizzanti e non è scontato che ciò che possa avvenire".
E' naturalmente diverso il discorso relativo al secondo richiamo, ha aggiunto il virologo, ma "nella storia delle vaccinazioni mai ci sono stati vaccini di richiamo ravvicinati nel tempo allo scopo di aumentare il titolo degli anticorpi".
Non ha questa funzione nemmeno il vaccino contro l'influenza, che serve invece a generare anticorpi verso un nuovo ceppo di virus influenzale.
Per quanto riguarda l'infezione da SarsCoV2 "non è quindi detto che il richiamo stimoli una produzione significativa di anticorpi", ha detto ancora Broccolo.
"Probabilmente il richiamo potrebbe essere approvato solo per le persone immunodepresse", come quelle con infezione da Hiv o con malattie autoimmuni o ancora che hanno subito trapianti nei quali è appena stato dimostrato un aumento significativo dell'immunogenicità del vaccino con la terza dose, perché "in genere rispondono meno al vaccino".
Che la terza dose sia efficace nel proteggere chi ha avuto un trapianto lo rileva anche una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine e condotto in Canada dallo University Health Network.