Da bottiglie e buste in plastica il carburante del futuro
Bottiglie, pellicole e buste usate di plastica potrebbero diventare il carburante del futuro. Un team di ricercatori dell'Università della California Irvine ha sviluppato un nuovo processo chimico in grado di degradare materiali plastici in polietilene in combustibili liquidi e cere senza trattamenti preventivi e con costi contenuti.
Il metodo, spiegano i ricercatori nell'articolo su Science Advances, potrebbe aiutare a riciclare milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno e a trasformarle anche in «carburante» per le macchine o in cere usate nei processi di produzione industriale.
La plastica costituisce una parte importante dei rifiuti dell'uomo. La produzione di polietilene e propilene supera i cento milioni di tonnellate metriche all'anno e questi materiali costituiscono oltre il 60% del totale della plastica contenuta nei rifiuti solidi urbani. Ma il polietilene è molto difficile da degradare senza trattamenti speciali.
Per «rompere» le molecole di questo polimero di recente sono stati usati processi di degradazione chimica ad alte temperature. Attualmente, infatti, esistono già procedimenti per trasformare la plastica riciclata in petrolio o direttamente in gasolio per uso industriale e anche in Italia esistono da alcuni anni impianti industriali di varie dimensioni e tipi che li utilizzano. Tuttavia questi metodi, affermano gli scienziati, per polietilene e propilene non risultano efficienti da un punto di vista energetico e spesso sono incontrollabili, portando alla produzione di sostanze indesiderate e anche a gas idrocarburi come metano ed etano.
La nuova tecnica sviluppata dall'ateneo californiano promette però di essere molto più efficiente perché riesce a rimescolare gli idrocarburi (alcani) presenti nel polietilene e ottenere appunto combustibili liquidi e cere. Per innescare questo processo si usano dei reagenti leggeri e poco costosi e i ricercatori sottolineano che diversi tipi di polietilene possono così essere completamente degradati nel giro di una giornata. Il metodo è stato testato con prodotti in plastica comuni, dalle bottiglie alle pellicole delle confezioni alimentari, alle buste della spesa.