Bataclan, un anno dopo l'orrore Quella sera c'erano due trentini
La sera del 13 novembre 2015 nella sala concerti parigina c'erano anche Andrea e Chiara Ravagnani, fratello e sorella di Dro, accompagnati dai rispettivi fidanzati
È stato l'11 settembre d'Europa. Non solo per il numero di vittime ma soprattutto perlo choc che ha provocato a chi vive in Francia e nel Vecchio Continente. Per mesi, dopo la strage al «Bataclan» di Parigi, davvero in pochi in Italia come altrove, sono riusciti a vivere la loro vita con la stessa serenità di prima: concerti, grandi eventi all'aperto, manifestazioni di massa. E poi aeroporti, stazioni, treni. Se l'intento era quello di terrorizzare - i terroristi puntano a quello - è stato certamente raggiunto.
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Un anno fa, quella sera del 13 novembre 2015, nella sala concerti del «Bataclan» c'erano anche Andrea e Chiara Ravagnani, fratello e sorella di Dro, accompagnati dai rispettivi fidanzati, la studentessa veneziana Valerisa Solesin con lui e lo studente vernese Stefano Peretti con lei. Sono entrati in quattro nel locale, ne sono usciti vivi soltanto tre. Sul pavimento del «Bataclan» tra le 93 vittime della strage, è rimasto anche il corpo di Valeria Solesin, unica vittima italiana di quella notte di terrore a Parigi con i terroristi che colpirono in altri punti della città cercando di seminare morte e paura ovunque (alla fine furono 130 i morti, 560 i feriti). In ospedale, per una ferita all'orecchio, finì anche Andrea, che nelle ore concitate dopo l'assalto delle teste di cuoio francesi e la ritrovata libertà, perse di vista Valeria. Seguirono molte ore di angoscia, conclusesi purtroppo con l'identificazione della salma della giovane ricercatrice veneziana.
L'Italia tutta è stata scossa da quanto accaduto. Valeria è diventata un simbolo di quei giovani italiani costretti a migrare all'estero per cercare le giuste soddisfazioni, sia in materia di studi che di lavoro. Andrea e Valeria vivevano entrambi a Parigi (lei studiava a «La Sorbonne») mentre la sorella Chiara con il fidanzato li avevano raggiunti per qualche giorno di vacanza e per assistere insieme al concerto degli «Eagles of Death Metal» in programma quella sera del 13 novembre. Il locale parigino ha riaperto i battenti ieri sera con il concerto di Sting. Il direttore artistico del «Bataclan» per ora ha anche detto di non rivolere sul palco i «Eagles of Death Metal», segno che la ferita è - come comprensibile - ben lontana dal rimarginarsi.
Ad un anno di distanza i protagonisti di quella tragica notte stanno cercando di ricostruirsi una vita, di andare avanti. Lo sta facendo Andrea Ravagnani, tornato a Dro e abbracciato dai tanti amici (ad esempio quelli dell'associazione «Sonà»), presente ai funerali di Valeria a Venezia (cerimonia trasmessa in diretta televisiva e che ha toccato il cuore di tanti italiani) ma poi rientrato a Parigi dove continua a lavorare e a cercare di costruirsi un futuro. Lo ha fatto la sorella Chiara, che a febbraio è riuscita comunque a laurearsi a Verona ed ora vive nella città scaligera. La sua storia con Stefano sembra essere sopravvissuta a tutto quello che è successo da quella notte in poi.
La famiglia Ravagnani, a Dro, ha sempre chiesto alla stampa, locale e nazionale, di rispettare il più possibile la riservatezza con la quale ha deciso di affrontare una tragedia così grande. Lo ha fatto anche per quanto riguarda l'inchiesta aperta dalla Procura di Venezia per la morte di Valeria Solesin. Inchiesta poi fermatasi: tutte le carte, comprese le ricostruzione che di quelle ore hanno fatto Andrea e Chiara Ravagnani, sono state trasmesse ai magistrati di Parigi già diversi mesi fa.