Shivling, da sogno a realtà
Una serata piena di entusiasmo ed emozioni, che ha saputo rendere onore alla fantastica impresa compiuta da quattro giovani giudicariesi, che fra il 7 e l’8 luglio del 2016 hanno conquistato per la prima volta il Pilastro Est del Kischtwar Shivling, nell’Himalaya Indiano. Martedi scorso, davanti ad un folto pubblico al Paladolomiti, Nicola Binelli, Luca Cornella, Silvestro e Tomas Franchini hanno raccontato la loro ascesa alla cima di 5800 metri, dai preparativi alla discesa, aprendo quella che è stata ribattezzata «La Via dei Trentini».
Un viaggio lungo e difficoltoso, che ha messo alla prova il loro fisico e ha temprato il loro carattere. La voglia di scalare, viaggiare ed esplorare ha portato lontano le 4 guide alpine, partite da Pinzolo, San Lorenzo in Banale e Madonna di Campiglio, così lontano da riuscire in questa impresa e scrivere così un’altra bella pagina dell’alpinismo. I protagonisti hanno ripercorso in ogni tappa la loro avventura, accompagnati dalle bellissime riprese di Luca Cornella, raccolte nel suo docu-film dal titolo «Kishtwar Schivling - La via dei Trentini». Nella prima parte della pellicola i momenti di preparazione alla scalata, ma anche le fasi di trasporto per raggiungere la remota regione montuosa dove si erge l’imponente cima e i contatti con la cultura locale, fatta di persone semplici e dai grandi valori. Nella seconda parte la scalata del Pilastro fra fatica e virtuosismi tecnici, con il meraviglioso panorama himalayano a fare da sfondo.
«Questa scalata è stata qualcosa di magico - spiegano i fratelli Silvestro e Tomas Franchini - un sogno che si realizza. Un’esperienza completa non solo dal punto di vista alpinistico: nuove valli e montagne, una nuova cultura, nuovo cibo e nuove persone che hanno ampliato i nostri orizzonti».
Della stessa idea Nicola Binelli: «Oltre alla grande impresa mi rimarrà per sempre impresso il viaggio, fatto di strade tortuose e pericolose che si arrampicano su queste enormi montagne, per certi sensi simili alle Alpi, ma molto più alte. Siamo saliti passo dopo passo, consapevoli dei rischi che stavamo correndo ma anche dell’emozione che avremmo provato una volta raggiunta la cima, e ora che siamo tornati a casa rimarrà per sempre indelebile il ricordo di quei momenti».
Conclude Luca Cornella: «Davvero unico: salire una parete inviolata per uno scalatore è come progettare una casa da zero per un architetto. Hai carta bianca e non sai dove questo ti porterà, ma quello che facciamo è il nostro stile di vita, il nostro lavoro e la nostra passione. Siamo amanti dell’avventura e questi viaggi sono per noi la cosa più bella: il mondo è tutto da scoprire».