Giornalismo, i 90 anni di Muson «Quando il Corriere mi chiedeva dei movimenti dell'orso...»
E così oggi siamo arrivati a quota 99. Tanti sono gli anni di Mario Antolini «Muson», il decano dei «gazzettieri» (così si sarebbe detto una volta) trentini.
E lo trovi ancora lì, seduto al computer, a scrivere, rispondere alle mail, postare su Facebook e progettare nuovi lavori.
A cosa stiamo lavorando, Mario?
Ha una bella risata limpida.
«Scrivo i pensieri di giornata. E poi ho iniziato a scrivere una tesi sull'editoria delle Giudicarie negli ultimi 50 anni. Vorrei prendere lo spunto per pubblicare un libro».
Un mare magnum... Tanto per cominciare, le riviste di valle: dalla Rocca Pagana dello Spezial storese Nino Scaglia alla Civetta, dalla rivista controcorrente Ci-otto all'ultimo e più longevo Giornale delle Giudicarie.
Per non parlare delle riviste e rivistine comunali, parrocchiali, comprensoriali, culturali.
Mario le ha seguite tutte e per più d'una ha collaborato e collabora. Per parte sua, cominciò a scrivere per un giornale nel giugno del 1947: 72 anni fa.
«Curavo su l'Adige "Il piccolo mondo di Rendena", una rubrica che aveva iniziato Aldo Gorfer e che passò a me. Quindici anni con l'Adige, dieci con l'Alto Adige, poi addetto stampa a Campiglio. Avevo anche la tessera del Corriere della sera e della Gazzetta dello sport».
Rispolverare ed esplorare. Quando vai ad intervistare Mario Antolini, anno dopo anno, ti dici: ci sarà ancora qualcosa di nuovo, di inedito, da scrivere? Perché quando un personaggio pubblico come lui arriva a 99 anni le occasioni di parlarci assieme, di raccontare brandelli della sua vita, sono state decine. Così abbiamo abbondantemente scritto dell'adolescenza, del Giappone in missione al tempo di Hiroshima e Nagasaki, dell'università di Napoli, dell'insegnamento, dei tempi della Democrazia Cristiana. Basta. Tutto detto. No.
«Quando collaboravo con il Corriere - racconta oggi - il direttore ogni mese voleva una notizia sui movimenti dell'orso».
Davvero? Non starai scherzando! Anche allora?
«Gli ultimi orsi sono scomparsi in quegli anni perché i signori di Milano che venivano a Campiglio volevano la pelle dell'orso per farci i tappeti. Avevamo qui due o tre bracconieri, che hanno fatto fuori tutti gli orsi. Conosco chi sono, ma non lo dico».
A parte che sono reati caduti in prescrizione...
«Io andavo in montagna con un amico postino di Vigo e Darè, che era anche pastore e aveva le pecore in val di Borzago. Noi seguivamo l'orso, che annualmente aveva i suoi passaggi fissi: val di Breguzzo, monti sopra Tione, val San Valentino, val di Borzago. Erano stanziali, perciò sapevamo più o meno stagione per stagione dove andavano».
Finché non li hanno tolti dalle spese.
«Le uccisioni erano rarissime», osserva Mario, pensando alle carneficine di oggi. «Oddio, una manza ogni tanto se la mangiavano, ma era merce rara».
Auguri Mario, e arrivederci al compleanno numero cento. Domenica è stato festeggiato in un ristorante di Darè da 35 fra parenti ed amici.
Oggi, invece, pranzo in famiglia sulle rive del lago d'Idro. Mai fermarsi!