Il lago di Malga Bissina è in secca, scatta l'allarme in vista dell'estate
Dopo un inverno con scarse precipitazioni il bacino artificiale rischia di restare senza acqua. Effetti sulla produzione di energia. Per vedere tanta scarsità si deve andare indietro fino all’estate del 2003
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VAL DAONE. È emergenza acqua? Ormai appare conclamato, tanto da scatenare le polemiche fra Trentino e Veneto. Ma in quel caso c'è di mezzo l'Adige. Altrove cosa succede? Per esempio, i bacini giudicariesi come stanno? Il più grande è ai 1.900 metri di malga Bissina, in cima alla Val di Daone, e potrebbe contenere qualcosa come 60 milioni di metri cubi d'acqua. Potrebbe. Ma le immagini che stanno girando dimostrano che siamo molto, molto sotto.
D'altronde l'inverno finito il 21 marzo ha regalato poca neve, così lo scioglimento è misero. Poi, bisogna dirlo, in primavera il livello del bacino è sempre piuttosto scarso. Certo, così non capita spesso, tanto per usare un eufemismo.
Per vedere tanta povertà d'acqua il ricordo corre all'estate del 2003, quando dietro alla diga (lunga quasi seicento metri ed alta un'ottantina) la quantità d'acqua era scesa ad appena 6 milioni di metri cubi: un decimo della portata. Uno spettacolo deprimente per chi percorreva la stradina che fiancheggiando il lago porta in val di Fumo e da lì ai passi verso il Carè Alto e le altre cime del massiccio dell'Adamello. Allora era estate e la valle si era riempita di turisti. Oggi è ancora presto, perché la strada che sale lassù è ancora chiusa, sebbene di neve non se ne veda quasi.
Un altro momento di depressione venne fra il 2016 ed il 2017, come ci racconta Pierino Mantovani, il testimone della Val di Daone, arrivato a Bissina da ragazzo coraggioso negli anni Cinquanta a piantare lo spaccio per le migliaia di lavoratori impegnati nella costruzione di dighe e centrali, e ancora quassù, con la moglie Lucia, entrambi ultra novantenni. E quando il lago cala a livelli preoccupanti si vedono le fondamenta dei tre edifici che sono stati sommersi: la cascina della malga, lo stallone e la casetta costruita da un'impresa che tagliava le piante per fare l'olio di mugo. Poi la piana (pascolo piuttosto paludoso a causa dell'abbondanza di torrenti che scendono dalle montagne che le fanno da corona) fu invasa dall'acqua, ponendo termine all'alpeggio praticato da generazioni di pastori.
«Avevano cominciato a immettere acqua già mentre lavoravano - racconta Mantovani - perché avevano deviato il corso del Chiese in una galleria, che esiste anche oggi come scarico di fondo. Lo scavo cominciò nel 1954, ma si lavorava solo da aprile a novembre, così la diga fu completata nel novembre del '57, mentre il collaudo è stato fatto nel luglio del '62. Man mano che salivano con l'altezza della diga facevano crescere il livello del lago».
Finché arrivarono in cima e i bastioni (tanti cameroni che formano la diga) chiusero tutta la valle, dando inizio al sistema idroelettrico della Val di Daone: bacino di Bissina; condotta con caduta di 700 metri per alimentare la centrale in roccia ai 1.200 metri di malga Boazzo, dove c'è il bacino di 12,8 milioni di metri cubi; ancora una condotta con caduta di 700 metri ad alimentare la grossa centrale di Cimego; altra condotta forzata fino alla centrale di Storo. A Cimego arriva un'ultima condotta proveniente dal lago di Morandin (periferia di Daone). Un sistema che fornisce energia elettrica alla pianura. Sempre che le montagne continuino ad offrire acqua.