Marcinelle, mai più schiavi nel lavoro
La tragedia di Marcinelle come punto di svolta delle condizioni di lavoro in Europa. Una strage (266 furono i minatori morti nella miniera belga, in quel drammatico 8 agosto del 1956) che segnò un solco tra un prima, fatto di sfruttamento e di un profitto spinto senza limiti a scapito della sicurezza, e un dopo fatto di una maggiore consapevolezza dei diritti dei lavoratori, primo tra tutti il diritto alla vita. Anche per questo, lo spaventoso incidente di 61 anni fa va ricordato: per non dimenticare che il profitto posto come unico valore dell’economia inevitabilmente finisce per calpestare la dignità umana e provoca morte.
Concetti, questi, che il presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, ha sottolineato in un appassionato intervento che ha tenuto ieri all’incontro commemorativo della tragedia di Marcinelle a Faver in val di Cembra, organizzato dalla Trentini nel Mondo, in occasione della Giornata nazionale dedicata al sacrifico del lavoro degli italiani nel mondo e del 14° incontro dei circoli Trentini d’Italia e quello estivo dei circoli trentini d’Europa.
«Ricordare Marcinelle - ha detto - è fondamentale. Perché si ricordano le condizioni dei lavoratori in quegli anni, le condizioni di chi emigrava anche dal Trentino. Gli anni in cui nelle miniere del nord Europa lo sfruttamento era durissimo e le vittime degli incidenti nelle miniere erano centinaia. Marcinelle provocò una presa di coscienza, scuotendo la politica e l’opinione pubblica».
Quindi, ha continuato nel suo ragionamento Dorigatti, ricordare deve avere effetti sull’oggi e molto c’è ancora da fare in tema di sicurezza: «Morti e incidenti sul lavoro - ha affermato il presidente - sono ancora troppi. Anche se il Trentino ha saputo darsi leggi innovative, l’attenzione va mantenuta alta». Ma in un momento di alta disoccupazione, il rischio del ricatto tra lavoro e salute cresce. E Dorigatti ha affermato che va detto «un no deciso allo scambio tra lavoro e salute».
All’incontro di Faver, al quale ha partecipato anche il consigliere dell’Upt, Piero De Godenz, è intervenuta anche la consigliera Lucia Maestri (Pd) che ha ricordato l’importanza del ruolo delle donne nell’emigrazione, che «hanno tenuto in piedi le comunità e le loro famiglie». Più in generale, la consigliera ha ricordato che il sacrificio dei nostri emigrati è stato fatto per difendere l’identità e la dignità. «Dignità e identità che ci devono accompagnare anche in questi giorni, osservando quanto accade nel Mediterraneo».
A Marcinelle, assieme ad altri 136 italiani, morì a 36 anni Primo Leonardelli di Viarago, ma altre decine di nostri conterranei persero la vita in centinaia di incidenti minerari. Aldo Degaudenz, della Trentini nel Mondo, ha ricostruito l’epopea mineraria, costellata di drammi, dei trentini dall’inizio del ’900: una delle ultime vittime, in Belgio nel 1957, in una miniera a venti chilometri di Marcinelle, fu Renzo Savoi di Faver che rimase ucciso con altri cinque compagni di lavoro.
Uomini e donne, come ha ricordato infine il presidente della Comunità di valle, Simone Santuari, che con i loro immensi sacrifici e il loro lavoro, partendo da valli un tempo poverissime come la val di Cembra, hanno creato la ricchezza di oggi.