Agricoltura, quella brutta bestia della «flavescenza dorata» delle vigne
Il punto alla "Giornata tecnica della vite e del vino" alla Fondazione Mach: «malattia complessa», ecco dove è comparsa e come si combatte
SAN MICHELE. La flavescenza dorata rappresenta senza dubbio il primo problema nel comparto vitivinicolo trentino e richiede un rapido lavoro di squadra. Ne sono convinti gli esperti che ieri, intervenendo alla 14esima "Giornata tecnica della vite e del vino" alla Fondazione Edmund Mach, hanno fatto il punto sulle attività del 2021.
A dare risalto alla problematica sono stati soprattutto alcuni passaggi che, negli ultimi dodici mesi, si sono rivelati fondamentali: si pensi ad esempio al numero di trattamenti effettuati per contenere l'insetto vettore Scaphoideus titanus, appena uno sul 100% della superficie vitata in provincia nel 2018, divenuti poi due sul 20% nel 2019, due sulla totalità dell'area nel 2020 ed addirittura tre nell'anno appena trascorso.
Una malattia che gli studiosi, tra cui Alberto Gelmetti del Centro di Trasferimento Tecnologico Fem, hanno definito "complessa", anche e soprattutto perché recenti ricerche hanno stabilito essere presente anche in altre piante ed in specifici insetti vettori, che possono importarla e trasmetterla. Nonostante ciò, le catture dello Scaphoideus titanus sono state parecchie nel 2019 ed altrettante nel 2021, anche se bisognerà fare ancora qualcosa in più per raggiungere livelli di sicurezza e tranquillità.
E dunque, rispetto agli interventi per contenere la diffusione della flavescenza dorata, che cosa è stato fatto? Il Consorzio Vini del Trentino ha istituito una task-force di agronomi (18 in tutto) collaborando con la Fondazione Mach per sviluppare un software di supporto e monitoraggio, gestione delle viti sintomatiche ed elaborazione dei dati raccolti. Tra i mesi di luglio e ottobre è stata svolta un'ispezione visiva della superficie vitata partendo proprio dai comuni con maggiore incidenza della patologia, segnando con un apposito nastro le piante malate.
Complessivamente è stata coperta con il controllo il 47% della superficie vitata provinciale, ovvero 4.797 ettari (1.684 dalla task-force, 2.798 dalle cantine associate e 316 dalla FEM), con una percentuale pari al 55% di territorio controllato nel biennio 2020-2021.
Controlli che hanno portato il focus su alcune zone: la superficie infetta più elevata è stata quella della Valsugana (87%), seguita da Trento nord (67%) e Trento (59%); chiudono Piana Rotaliana (32%) e Giudicarie (29%).
Le piante sintomatiche rilevate in media per ogni ettaro monitorato hanno intaccato principalmente il Cabernet Sauvignon (32), il Chardonnay (30) e il Pinot Bianco (24).
Infine, attenzione è stata riservata anche ad altre malattie, come il Mal dell'esca, rilevato in 95 vigneti trentini (il 67% bacca bianca, 26 per quanto riguarda il solo Chardonnay e 22 di Pinot grigio) e soprattutto su quelli tra i 21 ed i 30 anni d'età (incidenza pari al 4,8% sul totale), così come è in aumento la presenza dell'acaro giallo, con i relativi danni.
«Continueremo a fare rete con i soggetti vitivinicoli per arginare questi problemi - ha concluso l'assessora provinciale Giulia Zanotelli. - Serve sensibilizzare e monitorare la situazione, puntando sui giovani e sulla loro voglia di innovazione».