Morto in cava, il grazie della famiglia ai trentini: “Una signora dà alla moglie e ai figli 100 euro al mese”
Un anno fa Abdelghani Fatih si sentiva male e - nonostante i soccorsi - moriva nel piazzale di una ditta di lavorazione del porfido. Secondo la ricostruzione dei fatti, l'operaio marocchino 49enne era appena arrivato da Baselga di Piné, dove abitava con moglie e figli: sceso dall'auto, pronto per accendere la cubettatrice a cui era addetto, si accasciava vicino alla portiera
LA TRAGEDIA Infarto in cava ad Albiano
ALBIANO/PINÉ. Un anno di dolore, aggravato dai dubbi e dalle difficoltà. Ma anche un anno di grande solidarietà. Venerdì 7 aprile 2023, intorno alle 8 di mattina, Abdelghani Fatih si sentiva male e - nonostante i soccorsi - moriva nel piazzale di una ditta di lavorazione del porfido, ad Albiano. Secondo la ricostruzione dei fatti, l'operaio marocchino 49enne era appena arrivato da Baselga di Piné, dove abitava con moglie e figli: sceso dall'auto, pronto per accendere la cubettatrice a cui era addetto, si accasciava vicino alla portiera.
Erano giorni che Abdelghani, che stava osservando il Ramadan, accusava malesseri, tanto da recarsi la mattina precedente la morte al pronto soccorso di Trento, da cui veniva dimesso in giornata con consigli di riposo, alimentazione e idratazione adeguate.
Complesse le procedure seguite al decesso di Fatih, per la necessità di predisporre tutti la documentazione necessaria a riportare la salma nel suo paese di origine, a Béni Mellal. Ma il risvolto positivo di una situazione così dolorosa è stata la solidarietà, messasi in moto subito perché l'operaio marocchino ha lasciato una giovane vedova, Mounmi Imane, con i figli piccoli Bilal e Yazid Iah Irahmo.
Dai soldi che il volenteroso Abdel portava a casa (ad Albiano era stato assunto dal 1° marzo con un contratto di tre mesi dalla ditta Porfidi Pianacci srl) dipendeva infatti la sua famiglia.Il Clp, insieme all'Usb, aveva avviato una raccolta fondi presso Unicredit e - racconta la sorella Fatimah - dopo questo sforzo «in questi mesi c'è sempre stato chi ha aiutato mia cognata, come una signora che ogni mese dà a lei e ai bambini 100 euro. Ora, passato un anno, in sua memoria vogliamo ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato».
Ma, come si diceva all'inizio, a Fatimah sono rimasti alcuni dubbi: «Avevamo chiesto la possibilità di visionare i filmati delle telecamere di sorveglianza del piazzale di lavorazione nei minuti in cui mio fratello si è sentito male, per capire esattamente cosa è successo. Ma non abbiamo mai potuto vedere niente».
Cosa che poteva ovviamente essere importante ai fini di una qualificazione del caso come infortunio sul lavoro o meno. Senza quello, dice Fatimah, la famiglia non ha avuto indennizzi.