«Ma perchè i contadini non pagano i rifiuti?»

di Guido Smadelli

«Il Comitato ha ritenuto opportuno informare della procedura in corso il Comando della Guardia di finanza di Cles, corpo con compiti di tutela del bilancio pubblico locale e repressione delle violazioni di entrate tributarie di diversa natura di spettanza locale». La vertenza in parola è quella della «Tariffa igiene ambientale», più nota come «tassa rifiuti» (ma tassa non è), che gli agricoltori, secondo il «Comitato noneso equità fiscale», sarebbero tenuti a pagare, ma che invece è versata da pochissimi tra quanti lavorano nei campi. Sempre stando alle analisi del comitato, questo si tradurrebbe in circa 3-400 mila euro che gli agricoltori dovrebbero versare in quanto utenti/produttori di rifiuti; somma che viene invece «coperta» dagli altri utenti.


Il comitato, da spontaneo qual'era, ora è costituito ufficialmente, e non cessa la sua battaglia; viste le mancate risposte da parte dell'ente pubblico che gestisce raccolta, smaltimento, tariffazione (la Comunità di valle) ha deciso di compiere un passo in più, segnalando il caso alla Guardia di finanza, chiedendo una verifica sull'operato della Comunità. La storia, riassunta in puntuali documentazioni, parte da lontano. Nel dicembre del 2012 le 4.485 aziende agricoli operanti in valle erano invitate presso gli uffici della Comunità di valle per l'iscrizione ai ruoli della Tia come utenze non domestiche; alle stesse veniva comunicata la possibilità di accedere ai centri di raccolta per il conferimento dei rifiuti speciali assimilabili agli urbani prodotti nei loro locali di deposito. Al termine del 2012, stando ai dati raccolti dal Comitato, risultavano iscritte ai ruoli Tia, come utenze non domestiche, solamente 219 aziende agricole; e nel corso del 2013 se ne sono aggiunte altre 92, per un totale di 311. Conti alla mano, sono quinti 4.174 le aziende agricole che non si sono presentate, e non iscritte a ruolo.


La contestazione, viene spiegato dai membri del comitato, riguarda i locali classificati nelle categorie catastali come C2 e C6, cioè depositi ed autorimesse. «Tali locali in genere sono situati all'interno o nei pressi della casa di abitazione dell'agricoltore», viene sottolineato, «ed oltre ad essere usati come deposito agricolo hanno un uso familiare (custodia autovetture, deposito di legna da ardere ed altro)». Fino al 2012 venivano considerati locali imprenditoriali solamente se erano trasferiti nella categoria catastale D10; se rimanevano nella precedente classificazione venivano invece considerati locali domestici. Nonostante l'«invito» agli agricoltori da parte della Comunità di valle, ben pochi - vedi i numeri sopra riportati - hanno provveduto ad ottemperare all'obbligo di pagamento; e nonostante questo, viene aggiunto, «La Comunità di valle ha comunicato che non ha proceduto ad effettuare accertamenti in merito», sostenendo che gli agricoltori non producono rifiuti agricoli assimilabili agli urbani soggetti a tariffa, o «producono principalmente rifiuti speciali che non sono gestiti dal servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani». Affermazioni che il Comitato contesta: le aziende agricole producono materie plastiche, nylon, tubi in Pvc, imballaggi, sacchi del concime, cassette di frutta, contenitori di fitofarmaci non pericolosi o bonificati.

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