Il futuro è il frutteto «pedonabile»
Il «frutteto pedonabile» dimostrativo allestito a Denno sta dando buoni risultati e le tecniche di coltivazione che vi si sperimentano sono pronte al trasferimento nel campo. E in soli nove mesi ha registrato oltre 1.100 visite di agricoltori ed esperti.
Alla Fondazione Mach di San Michele all’Adige sono stati illustrati lunedì ai responsabili delle cooperative frutticole trentine ed ai tecnici del Centro di Trasferimento Tecnologico, oggi guidati dal nuovo responsabile Claudio Ioriatti, i primi risultati del progetto che coinvolge Apot, Fem e il Consorzio Innovazione Frutta.
L’iniziativa, della durata di tre anni, ha lo scopo di individuare delle tipologie di allevamento del melo che possono essere adattate alle diverse aziende frutticole del Trentino in relazione alla dimensione e organizzazione aziendale adottando in particolare tecniche di coltivazione particolarmente avanzate ed adatte per contenere l’impiego di fitofarmaci riducendone la deriva.
Il Progetto Meleto Pedonabile Sostenibile «rapresenta una delle nuove misure introdotte nell’ultimo Piano di Sviluppo Rurale per la condivisione e la disseminazione dell’innovazione prodotta dalla Ricerca - ha dichiarato in apertura il presidente del CIF Roberto Roncador -. Questo progetto si inserisce nelle attività del nostro Consorzio che mirano ad aumentare la sostenibilità e la qualità delle nostre produzioni frutticole. Infatti, nel progetto è inserita anche una varietà resistente alla ticchiolatura (Galant) che è uno degli obiettivi di ricerca genetica che consente una riduzione consistente dell’utilizzo di prodotti fitosanitari. L’abbinamento della resistenza con diversi modelli di conduzione del frutteto consentirà di migliorare in modo significativo il complesso della sostenibilità economica ed ambientale delle produzioni frutticole del nostro territorio».
Il progetto è iniziato nove mesi fa e prevede l’applicazione di diverse tecnologie e dei seguenti prototipi di frutteto: parete stretta pedonabile, reti antigrandine ed antipioggia, sostituzione del diserbo chimico, impianti fissi di irrigazione adattati per trattamenti fitosanitari soprachioma. «È una iniziativa importante di trasferimento tecnologico - ha spiegato il direttore generale FEM, Sergio Menapace - che mette in rete attività già in sperimentazione da alcuni anni presso i campi sperimentali della Fondazione, in particolare il meleto biasse e la potatura meccanica, e introduce aspetti innovativi, come la misura di diversi parametri economici, biologici e ambientali, tra cui, in particolare, la diagnosi precoce di malattie silenti potenzialmente emergenti a seguito della riduzione dell’uso di fungicidi, la misura della biodiversità specifica di tale meleto nel contesto della biodiversità attuale dei meleti del Trentino. Tutto questo in collaborazione con il mondo produttivo trentino».
Grazie al progetto Meps sul melo pedonabile allevato a Guyot, nel 2017 è stato allestito a Denno il frutteto dimostrativo con diverse tipologie di allevamento, dalla parete stretta e alta, che richiede l’uso dei carri raccolta, fino al frutteto interamente pedonabile. Nel 2017 la tematica ha attirato oltre 1.100 visitatori di 16 nazionalità nelle aziende sperimentali di Maso Parti e Maso Maiano.
Durante l’incontro sono stati presentati i dati relativi a tempi e costi di realizzazione del frutteto sperimentale del Progetto MePs e le esperienze dei frutticoltori che hanno già introdotto il frutteto pedonabile nelle loro aziende.
«Il progetto esprime diversi aspetti, tutti molto significativi - ha sottolineato Alessandro Dalpiaz, Direttore di Apot -. Innanzitutto un progetto condiviso pubblico-privato corrisponde appieno alla logica della partnership Europea per l’innovazione (PEI). Gli obiettivi posti sono in tal senso molto importanti e perfettamente in linea con gli obiettivi di sostenibilità lanciati da Apot. In questo progetto, affidato alla società Ccpb specializzata nel settore biologico, Apot ha chiesto e realizzata una valutazione della biodiversità dei suoli frutticoli trentini, che ha permesso già alla fine del primo anno di lavoro di dimostrare come la vitalità dei suoli sia mediamente di buon livello, permettendo di arrivare alla certificazione della "biodiversità" in base al protocollo Biodiversity Alliance».