In valle i giovani bevono presto e sempre più: l'inchiesta dei Comuni

Le dipendenze dei giovanissimi tra i 14 ed i 19 anni dall’alcool e dalle nuove tecnologie sul nostro territorio rappresentano un notevole problema da affrontare da parte delle famiglie, della scuola e delle istituzioni.

La questione è stata al centro di un progetto promosso circa un anno fa per convergenza di intenti tra i ragazzi del Piano Giovani «Fuori dal Comune» - che comprende Cles (comune capofila) Ville d’Anaunia, Rumo, Bresimo, Cis e Livo - e l’assessorato alle politiche giovanili della Comunità della Val di Non diretto da Gianluca Barbacovi. Hanno collaborato anche la psicologa di comunità Lorenza Dallago, l’esperto di cyberbullismo Mauro Cristoforetti, il maresciallo dei Carabinieri Luciano Osler, l’associazione San Patrignano e il servizio alcologia dell’Azienda Sanitaria Provinciale.


Nell’iniziativa sono stati coinvolti gli istituti superiori del capoluogo, ai cui studenti è stato somministrato un questionario sulle dipendenze in generale (alcool, droga, tecnologia e cibo), con la creazione di focus group a campione. I dati di tale questionario sono stati presentati durante la seduta del consiglio comunale di lunedì dall’assessora esterna alle politiche sociali Cristina Marchesotti, coadiuvata dalla dottoressa Dallago.


La psicologa ha riferito che gli adolescenti sono molto vulnerabili alle dipendenze, il cui impatto è molto maggiore rispetto agli adulti nella delicata dello sviluppo sia fisico che psicologico. «Gli alcoolici sono solitamente un cancello che apre la strada alla prova di altre sostanze» ha detto la dottoressa. Secondo i dati del questionario, si inizia a bere molto presto, intorno ai 13- 14 anni; il 9,3% degli intervistati ha ammesso di aver cominciato prima dei 13 anni. Si consumano soprattutto birra ed aperitivi (65%) seguiti da superalcoolici e cocktail e dal vino. «Prima si inizia a consumare alcool, meno si riesce a gestire il problema in modo naturale e consapevole» ha proseguito Dallago.


Perché si beve? Per divertimento - la festa non è tale se manca l’alcool - per adattarsi al comportamento dei pari, per perdere il controllo, per sentirsi più sicuri, per noia, per la voglia di trasgredire un divieto ed addirittura per necessità (talvolta gli alcoolici costano meno di altre bevande in determinati eventi pubblici). Il 30% in media dei ragazzi si è ubriacato almeno una volta, rispettivamente il 28% in prima superiore, il 65% in quinta. «Da quanto emerge dal sondaggio, bene o male bevono tutti e l’uso coincide con l’abuso, un concetto un tempo radicato ai Paesi nordici che ora si è diffuso anche da noi. Ciò deve fare riflettere» ha aggiunto la dottoressa.


Sul fronte delle attività del tempo libero, la maggioranza lo trascorre connesso allo smartphone, oppure al computer o guardando la tv - dalle 4 fino alle 10 ore - moltissimo tempo sottratto ad altre attività importanti come la socializzazione, sia in famiglia che con gli amici. Il 40% rimane sui dispositivi più di quanto si era inizialmente proposto, anche trascurando i compiti e dormendo meno la notte.


I messaggi che arrivano dalla società non sono chiari: nei pubblici esercizi è vietato somministrare bevande alcooliche ai minori, eppure essi trovano il modo, basta chiedere e le ottengono. «E’ quindi fondamentale creare una comunità educante dove gli adulti diano regole univoche e suggeriscano comportamenti positivi, tenendo sempre ben salde le redini, attraverso momenti di dialogo e confronto. Se non viene fissato un limite, i giovani rischiano di andare alla deriva» conclude la psicologa.

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