Le insegnanti della Val di Sole contro la Provincia: “No alla scuola per l’infanzia fino a fine luglio”
L’esecutivo Fugatti ha proposto un periodo di lavoro extra large, visto quanto accaduto nelle scorse settimane causa Covid e viste le difficoltà delle famiglie impegnate nel lavoro
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MALE’. Prolungare il lavoro della scuola dell'infanzia fino a luglio? Non se ne parla proprio. Le insegnanti del Circolo di Coordinamento numero 11 della Val di Sole contro la giunta provinciale, che ha proposto un periodo di lavoro extra large, visto quanto accaduto nelle scorse settimane causa Covid e viste le difficoltà delle famiglie impegnate nel lavoro, si spera in ripresa con la bella stagione.
«Tante emozioni - scrivono - sono emerse in noi insegnanti. Sicuramente incredulità, disorientamento ma anche amarezza e rabbia. Da 40 anni la scuola dell'infanzia trentina lavora per la qualità. Dirigenti, insegnanti, il Servizio Scuole, in altri termini la "Provincia intera" in una sinergia politica e istituzionale ha investito e si è spesa per fare in modo che la nostra scuola dell'infanzia trovasse un posto di rilievo all'interno del panorama nazionale».
Parlano di lavoro di comunità e di dialogo. «Ma in questi giorni, presi dall'enfasi e dalle difficoltà della situazione, sembra che i pregiudizi reciproci abbiano avuto il sopravvento e che la possibilità che i professionisti del settore e le varie forze politiche e sociali si incontrino, in una terra dove ciò che conta è il benessere dei bambini, sia utopia».
Non piacciono le proposte sul tavolo con i richiami ai modelli del Paesi nordici dove, in alcune realtà, le scuole d'infanzia sono aperte tutto l'anno. «Le proposte ora sul tavolo (apertura a luglio ma anche il pensiero allo 0/6 se generico e accelerato) ci fanno temere una scuola dell'infanzia in svendita ridotta a mero servizio, privata della sua dimensione educativa e pedagogica. Intravediamo il rischio di una china meramente assistenziale e di cura. Cura che pur facendo parte del Dna della scuola è estremamente deleteria se assunta come unica e basilare. Ne uscirebbe una scuola dell'infanzia povera, calibrata su parametri di quantità affossando quelli qualitativi».
Le insegnanti fanno intendere che il loro «no» non è «difesa corporativa», non è la «difesa delle vacanze estive» ma è un «no» per il bene dei bambini «che, grazie alla collaborazione educativa e rispettosa dei ruoli tra scuola e famiglia, saranno i cittadini di domani».
«Fin dall'inizio di quest'anno scolastico i bambini dai 3 ai 6 anni hanno potuto frequentare la scuola dell'infanzia e, pur con qualche limitazione dovuta all'emergenza sanitaria, immergersi nelle proposte educativo didattiche con impegno e anche, fortunatamente, con il divertimento che caratterizza ogni tipo di apprendimento e, in particolare quello di questa fascia di età. Tutti i bambini si sono presentati a scuola per 10 mesi, dal lunedì al venerdì, hanno svolto le loro attività e i loro giochi (e precisiamo che il gioco è anche concentrazione, è il lavoro dei piccoli), hanno rispettato regole, intessuto legami e relazioni per 7-10 ore giornaliere».
Le insegnanti dicono che «forse l'estate può servire loro per fare altro, per dedicarsi ad uno "svago diverso", per vivere esperienze alternative a quelle scolastiche con la famiglia o con altre figure di riferimento, figure di cui il nostro territorio è ricco».
E le famiglie massacrate dalle misure anti Covid? «Siamo consapevoli che alcune famiglie si trovano in difficoltà nell'accudire i propri figli nel periodo estivo e che le agenzie extrascolastiche dedicano ai bambini hanno un costo. Non si potrebbe allora intervenire con un contributo economico che vada ad aiutare quei genitori che ne hanno bisogno? Sostenere i centri estivi, i vari grest o tutte le agenzie presenti sul territorio, valorizzando gli educatori di tale settore che spesso vivono grazie a questo impegno? Si potrebbero anche semplificare le procedure per l'utilizzo dei buoni di servizio, ai quali tutti i lavoratori possono accedere. Lo riconosciamo, quello attuale (e non ci riferiamo solo all'aspetto Covid che ha inasprito la situazione) è un periodo di fatica, sia per la scuola (carico di situazioni gravi, blocco del turnover, precariato, finanza pubblica, carico di situazioni gravi, parametri numerici impegnativi, compresenze ridotte) sia per le famiglie, che auspicano per l'estate la ripresa lavorativa (a maggior ragione nel nostro territorio a valenza turistica) e che pertanto si interrogano su come gestire i figli. Ma non sarà un provvedimento normativo imposto, calato sull'ossatura della scuola dell'infanzia, privo delle connessioni e delle finestre che solo un dialogo tra parti può aprire, a risolvere la situazione. La contrapposizione, anche se nell'immediato porta alla vittoria, alla lunga genera solo perdenti».