Ex Villa Rosa saccheggiato Corte dei Conti: tutti assolti
Non ci sono responsabili per l’abbandono al degrado dell’ex ospedale Villa Rosa in località Maso Grillo, a Pergine. Lo ha stabilito la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti di Trento, che ha assolto dall’accusa di danno erariale due dirigenti e un tecnico dell’Azienda sanitaria.
I danni allo storico immobile, denunciati da un esposto presentato nell’aprile 2016 con l’appoggio di 550 firme di cittadini indignati, ci sono e sono considerevoli ma non possono essere addebitati ai tre dipendenti pubblici citati in giudizio.
Secondo i giudici, anche qualora i tre avessero attivato misure di protezione, come un servizio di guardia, per scoraggiare i vandalismi, questa misura oltre a essere molto dispendiosa non sarebbe stata sufficiente a proteggere l’edificio che sorge in una zona isolata. I giudici contabili hanno dunque assolto l’ingegner Mauro Trentinaglia, direttore del Servizio immobili e servizi tecnici dell’Apss di Trento (difeso dall’avvocato Flavio Maria Bonazza); l’ingegner Claudio Candioli, dirigente del Nucleo gestione immobili dell’Apss (difeso dall’avvocato Sabina Pantezzi); il perito industriale Stefano Zanghellini, responsabile per il Servizio immobili della zona di Pergine (anche lui difeso dall’avvocato Bonazza).
La triste condizione di abbandono in cui versa l’ex Villa Rosa è nota da tempo. In seguito al trasloco, nel giugno del 2013, della struttura sanitaria dedicata alla riabilitazione presso la nuova sede, l’immobile storico finì in balia di ladri e vandali. Da allora l’ex Villa Rosa è diventata facile preda di disperati e ladri di rame. Negli anni ignoti malviventi sono entrati più volte nella struttura sanitaria abbandonata asportando centinaia di metri di cavi di rame. Lo stato di degrado e abbandono dell’immobile viene confermato anche dal giudizio contabile.
«Gli accertamenti del consulente d’ufficio - si legge in sentenza - hanno accertato come nessuna parte del compendio immobiliare sia stata risparmiata dallo scempio degli atti vandalici. In particolare nell’immobile adibito a struttura sanitaria sono stati riscontrati danni ai serramenti interni ed esterni, ai controsoffitti, alla scala in pietra, alle pareti interne ed esterne; nonché rimozioni dei cavi dell’impianto elettrico e sanitario, ammaloramento dei pavimenti lignei e danni nel sottotetto»: non è stata risparmiata neppure la chiesa dove sono stati asportati cavi ed è stato danneggiato anche l’arredo sacro.
Il consulente ha calcolato che, per l’attivazione di un sistema integrato con illuminazione notturna, sistema anti-intrusione e videosorveglianza, l’Azienda sanitaria avrebbe speso 265.699 euro all’anno. Una cifra superiore al danno che veniva contestato dalla procura ai tre convenuti (in totale 204 mila euro).
Ma quel che conta in questo giudizio è che queste misure sarebbero comunque state inutili, come dimostra il fatto che il servizio di vigilanza attivato dalla stessa Apss e poi dalla Provincia non ha interrotto il degrado e nepppure nuovi atti vandalici.
«Non può dunque - concludono i giudici contabili - ritenersi sussistente la prova che la condotta omissiva contestata ai convenuti rappresenti una causa efficiente dell’evento dannoso, non essendo ragionevole ritenere che la proroga di quel servizio di vigilanza avrebbe effettivamente impedito l’intrusione di terzi ed i conseguenti danneggiamenti». Dunque i due dirigenti e il tecnico dell’Azienda sanitaria «vanno mandati assolti per assenza del nesso causale tra il comportamento omissivo imputato dal pubblico ministero ed il danno erariale».
Resta l’amarezza per un complesso di interesse storico, di fatto abbandonato da anni: a inizio novembre l’assessore Stefania Segnana ha annunciato la sua vendita, ma il bando non c’è ancora.