Le due ragazze che entrano in clausura: la calciatrice di serie B e la fotografa innamorata dei viaggi che hanno sentito «la chiamata»
Domani e dopodomani Francesca e Sofia, di Pergine, diventano monache: saranno «separate per sempre dal mondo» dopo una giovinezza fra Erasmus, scuola e tanta passione per lo sport. Ma poi hanno incontrato Dio
PERGINE - Non capitava chissà da quanti anni, che due giovani ragazze, quasi in contemporanea, compissero un passo così radicale ma al tempo stesso carico di fascino per la loro vita, quale quello di entrare in un monastero di clausura. In tempi di crisi vocazionali e chiese sempre più vuote, questa è senz’altro anche una notizia che riempie anche di speranza, perché è una scelta di vita, che non sarà più uno specchio rivolto verso se stessi, ma un grande abbraccio che accoglie tutti.
Francesca Marmentini affronterà domani il rito della vestizione per entrare nelle clarisse di Borgo Valsugana, e Sofia Paolucci dopodomani farà la professione solenne nelle monache trappiste di Vitorchiano, in provincia di Viterbo.
Per loro, in chiesa parrocchiale a Pergine, si è tenuto venerdì scorso un momento di preghiera, per accompagnarle e sostenerle. Due “passi” decisamente diversi (Marmentini di fatto inizia il percorso che la porterà alla professione, Paolucci invece conclude il noviziato), ma che guardano entrambi a quel “sì” definitivo, ad una vita donata alla preghiera e plasmata da una forte fede.
Francesca è in monastero a Borgo, come postulante, dal settembre 2019: un periodo di primo discernimento per capire se la scelta claustrale sia quella giusta. Con il rito della vestizione, che per motivi di restrizioni sanitarie avverrà in forma strettamente privata, inizierà il noviziato: un percorso nel quale sperimenterà in modo pieno e più intenso la vita in comunità e al cui termine potrà confermare la propria consapevole e completa adesione ad una scelta tanto alta quanto ardua, attraverso la prima professione religiosa.
Sofia invece, dopo aver già compiuto questo percorso (entrò come postulante a Vitorchiano nel 2014), con la professione solenne entra definitivamente a far parte dell’ordine delle monache cistercensi della stretta osservanza (come si chiama l’ordine anche detto delle religiose trappiste) che già dal suo nome richiama la vita contemplativa e di preghiera.
Nel monastero di Borgo, con Francesca, sono 11 le religiose presenti che seguono il carisma di santa Chiara, mentre a Vitorchiano sono più di 70 le monache, provenienti da tutta Italia e non solo, per seguire una vita dedicata alla fede, alla liturgia, al lavoro manuale, seguendo i dettami di san Benedetto (“ora et labora”).
Francesca, 28 anni da pochi giorni, ha sempre frequentato l’oratorio di Pergine: appassionata di sport (giocatrice di calcio fino ad arrivare in serie B, nel ruolo di difensore), di fotografia, di viaggi, ha raccontato che lo spartiacque nella sua vita fu la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, nel 2011 (ma partecipò poi anche alle altre Gmg, a Rio de Janeiro, Cracovia, Panama), dove respirò un’aria nuova. Conobbe poi per caso il monastero di Borgo, ed ascoltando le testimonianze di alcune sorelle iniziò a mettere a fuoco le coordinate della sua vita, abbracciando il mondo intero con la preghiera contemplativa.
Indole e carattere simile per Sofia, 31 anni, una laurea in fisioterapia in tasca e la passione per lo sport: in quarta superiore frequenta l’anno all’estero, a New York, e qui, frequentando i suoi amici, nasce la sua prima idea di vocazione. Inizialmente si pensava più missionaria, più attiva, per sporcarsi le mani, anche se la vita claustrale l’ha comunque sempre attratta.
Un modo di essere che Sofia ha ritrovato a Vitorchiano, dove come trappista potrà mettere in pratica sia il suo spirito operoso, la vita comunitaria ed anche la preghiera.
I passi che portano alla professione solenne, per i due ordini, sono simili: si inizia con l’aspirantato (o accoglienza) in comunità, un periodo di discernimento profondo per capire se la propria vocazione ha delle serie basi, fatto di incontri, contatti con la comunità monastica, periodi di clausura; si passa poi al postulantato, la prima tappa formativa da svolgere completamente in comunità, per sperimentare le giornate scandite dal silenzio, dalla preghiera, dal lavoro insieme, e per maturare la consapevole scelta di entrare in monastero; c’è poi il periodo del noviziato, sempre di discernimento e di integrazione nella vita comunitaria, in cui si inizia anche la formazione; al termine di questo periodo, che dura anni, il novizio fa richiesta di emettere i voti di professione, dapprima temporanea, e poi solenne, per la definitiva adesione alla vita monastica. Una scelta che ai più potrebbe sembrare anacronistica, persino assurda o inutile, perché “costretta” fra le mura di un convento senza possibilità di contatti diretti con l’esterno (salvo rare eccezioni): una vita “separata per sempre dal mondo”. Una vita, tuttavia, che non è solo preghiera e consigli per quanti si avvicinano al parlatorio, ma che in realtà è anche profonda accettazione della volontà di Dio, libera da tutto per donarsi all’altro.