Casa Mia, il primo secolo di una grande famiglia per ragazze e ragazzi
Sabato 10 settembre festeggerà i cento anni di vita l'unica azienda pubblica di servizi per la persona del Trentino interamente dedicata ai minori. La presidente Rizzonelli sottoliena l'importanza dei servizi offerti: «Il disagio giovanile è molto aumentato durante la pandemia. La fragilità è diventata quasi cronica, i ragazzi fanno fatica ad uscire e a stare insieme preferendo spesso affidarsi ai social»
RIVA DEL GARDA. Cura, fragilità, passione. Ma anche amore, competenza, unione. Termini che potrebbero apparire "fuori moda" in un mondo impazzito e che stritola tutto al ritmo dei social. Di certo non lo sono per le migliaia e migliaia di "attori" (tutti protagonisti, seppur con ruoli diversi) che hanno scritto e stanno scrivendo la storia del «Casa Mia» di Riva del Garda, unica azienda pubblica di servizi per la persona del Trentino interamente dedicata ai minori e che offre a tutto l'Alto Garda e Ledro un'offerta capillare di servizi per ragazze e ragazzi fragili ma anche per le famiglie.
Tra sei giorni, esattamente sabato prossimo 10 settembre, per il «Casa Mia» sarà un momento molto speciale: cento anni di vita, un secolo di impegno, passione, storie, emozioni, crescita personale che ha attraversato le vite non solo dei suoi ospiti ma di tutto il mondo che ruota a questa realtà fondamentale, anzi, ormai imprescindibile, nel contesto sociale di questo territorio e non solo (oggi il «Casa Mia» ha una dimensione provinciale e in alcuni casi extraprovinciale).
In principio, cent'anni or sono, c'erano un insegnante, una cuoca e un inserviente. Oggi la macchina operativa conta 120 dipendenti che in estate diventano 150, 39 ospiti dei servizi residenziali (che rappresentano il 55-60% dell'attività dell'Apsp rivana) dislocati su tre sedi, migliaia di bambini (e famiglie conseguenti) che ogni estate usufruiscono ma soprattutto crescono grazie alle molteplici proposte. E con loro un piccolo esercito di volontari, giovani e giovanissimi, che spesso si affacciano alla vita reale facendo la cosa più bella che si può fare: aiutare gli altri, aiutando sé stessi.
«In trent'anni di lavoro al Casa Mia - sottolinea Donatella Piazza - ho intessuto una serie di rapporti che hanno arricchito soprattutto me, mi hanno fatto scoprire il senso della vita, ad avere fiducia nelle persone. Ho ricevuto ancor prima di dare, affetto e la consapevolezza di cosa vuol dire voler bene agli altri».
E sta proprio qui il segreto di lunga vita del «Casa Mia».
Una grande famiglia allargata dove l'anima delle persone attraversa i servizi: «Perché - sottolinea il direttore Renzo Galvagni, approdato in viale Trento come volontario trent'anni or sono - se l'anima delle persone non attraversa i servizi, questi ultimi sono sterili e servono a poco». La ricorrenza del secolo di vita è stata costruita attraverso un lungo percorso iniziato un anno fa.
«Non per confezionare un evento autoreferenziale - ci tiene a precisare la presidente Maria Cristina Rizzonelli, prima e unica donna al comando dell'ammiraglia di viale Trento dal 1922 ad oggi - ma per riflettere su noi stessi, sul nostro passato, sul nostro presente e per costruire il nostro futuro».
Un percorso scandito da tanti racconti, mille emozioni, migliaia di volti e di voci che sono anche una parte fondamentale della storia di Riva e di tutto il territorio. Storie e aneddoti, come la nascita del nome «Casa Mia»: «Nel 1971 - racconta ancora il direttore Renzo Galvagni - si decise di dare un nome alla struttura e vennero coinvolte le ragazze ospiti. Ad un certo punto una di loro disse "ma come facciamo a dare un nome a casa nostra?". E da lì nacque il nome Casa Mia».
Che poi il «Casa Mia» è anche una piccola contraddizione. Perché lì si lavora «perché non vi sia più bisogno che esistano strutture come la nostra» sottolineano ancora Maria Cristina Rizzonelli, il direttore Renzo Galvagni, Donatella Piazza e Sabrina Zanon, per anni coordinatrice della struttura, oggi collaboratrice esterna e protagonista della commissione di lavoro insediata un anno fa per preparare l'evento di un secolo di vita (con lei e la presidente Rizzonelli anche Nicoletta Zavanella e altri). Ma il bisogno sociale e cresce e l'offerta della realtà di viale Trento è ormai estesa a tutto il territorio e ha intrecciato rapporti proficui con tante altre realtà associative altogardesane, senza dimenticare l'apporto fondamentale dato agli enti pubblici.
Un contenitore fatto di uomini, donne ma soprattutto anime, che muta stando al passo coi tempi, dove la fragilità è forza, il «noi» prevale sull'«io», dove si coltivano visioni.
E un osservatorio privilegiato sulle giovani generazioni: «Il disagio giovanile è molto aumentato durante la pandemia - sottolinea la presidente Rizzonelli - La loro fragilità è diventata quasi cronica, i ragazzi fanno fatica ad uscire e a stare insieme preferendo spesso affidarsi ai social. In questo quadro, che il Covid ha amplificato notevolmente, i centri aperti sono ancora più importanti perché luoghi che prima di tutto pongono grande attenzione alla loro crescita, alle loro esigenze, ai loro bisogni. Con passione e competenza».