Disoccupati perché «bamboccio». Il direttore di Confidustria: «Mentalità da cambiare»
Parla il direttore di Confindustria: «Mentalità da cambiare»
Trentini senza voglia di lavorare? No. Stando agli industriali il problema non è la pigrizia, la scarsa propensione a rimboccarsi le maniche ma la mentalità domestica della gente, giovani compresi. E per quanto riguarda i ragazzi, c'è il lucchetto di mamma chioccia a tenerli a casa piuttosto che mandarli a guadagnarsi da vivere lontano dal nido familiare. Questa, in sintesi, la fotografia scattata da Confindustria. La dichiarazione del direttore della Mariani, in procinto di trasferirsi all'ex Gallox e pronta ad assumere 200 operai - sembra dunque reale. L'imprenditore si lamenta della difficoltà di reperire personale perché molti, pur disoccupati, non accettano di lavorare il sabato, ancorché una tantum.
Ma davvero si preferisce la disoccupazione al posto fisso per questioni di orari e «location»?
«Purtroppo è così. - risponde il direttore di Confindustria Roberto Busato - Quello che fa pensare, e in un certo modo dà fastidio, è la scarsa mobilità dei trentini e questa è una caratteristica tipica del territorio. E, ahimè, la riscontriamo anche nei giovani che sperano di trovare ancora il posto di lavoro sotto casa».
Il caso Mariani, dunque, non è isolato?
«No, è un problema che ci viene segnalato da diverse aziende ed è un problema trentino».
Nonostante la crisi?
«È il difetto della pancia piena. Si preferisce stare a casa che spostarsi per andare a lavorare. Come Confindustria abbiamo fatto un focus group per capire la questione».
Qual è stato il risultato?
«C'è la tendenza dei genitori a costruire la casa al figlio sopra alla propria e a non lasciarlo andare. È una sorta di pigrizia culturale: i giovani non vanno all'estero a fare esperienza, non si spostano e anche solo fare Trento-Rovereto lo trovano impegnativo. È una brutta consuetudine trentina che si dovrà perdere perché non si può più scegliere di non spostarsi».
Prima delle usanze va cambiata la testa? È difficile da digerire.
«Ma serve un cambio di mentalità e bisogna convincere prima i genitori dei figli. Diceva un nostro iscritto: "Se mi arriva un giovane accompagnato dalla madre non lo assumo". Spero sia solo una battuta ma il concetto è quello».
Il problema di rifiutare il posto perché scomodo, dunque, è concreto?
«Sì, ci risultano rigidità. E poi c'è difficoltà a trovare profili specializzati. Molte volte si cercano giovani e con certe capacità e invece ci sono maggiori offerte di over 50 espulsi dal lavoro ma più difficili da ricollocare perché privi della specializzazione richiesta».
E questo è un altro ostacolo.
«C'è mancanza di certe specializzazioni anche se negli ultimi anni si sta lavorando bene assieme alla Provincia e agli istituti scolastici».
Laureati o tecnici?
«Non abbiamo bisogno solo di laureati ma c'è la propensione della famiglia spingere su questo; da noi c'è bisogno di profili tecnici, di periti meccanici, tornitori, specializzazioni che mancano. L'Università, d'altra parte, sforna ancora ingegneri civili che è un settore saturo».
Il mondo è cambiato ma non la società trentina, quindi?
«È difficile cambiare mentalità ma ci stiamo lavorando come Confindustria assieme alla Provincia e alle scuole. Per questo, come associazione degli industriali, cerchiamo di essere negli organi scolastici, proprio per pianificare ed operare sull'orientamento post-scuola dell'obbligo».
Le nuove iscrizioni alle superiori hanno dato risultati?
«Sì. È decisamente un buon segno l'aumento delle iscrizioni nelle scuole tecniche».