Terreno edificabile? Meglio agricolo Ma per evitare di pagare l'Imis
Alla fine si cerca di tornare tutti alla terra. E non solo per un richiamo forte con la Natura e i prodotti da coltivare per il proprio sostentamento ma soprattutto per aggirare, in maniera più che lecita, le tasse. Piuttosto che svenarsi per devolvere soldi alle casse comunali, infatti, si preferisce rinunciare alla possibilità di costruire la casa per i propri figli nel terreno di proprietà e tenersi stretto l'orto, il campo o comunque un lotto intavolato, appunto, come agricolo.
Le richieste a palazzo Pretorio di convertire l'edificabilità dei terreni in aree coltivabili - e, dunque, di scarso valore catastale - stanno fioccando. E questo, chiaramente, principalmente per non pagare l'Imis. A conti fatti, il Comune di Rovereto, riportando le zone di questi cittadini alle origini (terra da semina, per capirci) perderebbe ogni anno 150 mila euro di introiti. E, tra l'altro, vedrebbe vanificato lo sforzo messo in campo (senza ironia, ovviamente) con la manovra anticongiunturale che mira ad agevolare ristrutturazioni, ampliamenti di abitazioni e costruzioni di nuove case per rilanciare l'edilizia (il comparto preso a calci dalla crisi) e l'artigianato locale.
In commissione urbanistica, per capirci, si sta discutendo proprio degli sforzi dell'ente pubblico di rilanciare l'economia.
E dopo la discussione sull'abitabilità dei sottotetti, figlia della legge provinciale voluta dall'assessore Carlo Daldoss, adesso si punta a mettere mano al Piano regolatore generale per consentire di realizzare box, garage, tettoie ma anche allargare l'abitazione sul terreno che ospita l'alloggio di proprietà. Un modo, come detto, per convincere i residenti a far muovere le commesse per le imprese edili di Rovereto e della Vallagarina e dare una spinta alla tanto agognata ripresa.
La risposta dei diretti interessati, come detto, va però nella direzione opposta, con la richiesta formale di togliere il privilegio dell'edificabilità dai terreni per renderli agricoli e dunque esentati dal pagamento dell'imposta comunale. Che tradotto in denaro, diciamo così, pubblico significa privare l'erario di piazza del Podestà di 150 mila euro all'anno.
Le domande che sta analizzando la commissione sono 180 e la maggior parte vanno proprio in questa direzione. Tantopiù che, se la crisi dovesse protrarsi all'infinito, con la campagna da coltivare almeno ci si può vivere.
Al di là di tutto, comunque, l'amministrazione non dispera di arrivare, al termine del dibattito, ad un incentivo alla ristrutturazione delle case e alla realizzazione di tettoie e garage per garantire lavoro alle imprese artigiane. E questo è il secondo passo della manovra anticrisi già avviata con la possibilità di rendere vivibili i sottotetti. In proposito sono 1.687 gli stabili che rientrerebbero nello spettro di applicazione della legge: 949 in centro, 265 a Sacco, 205 a Lizzana, 145 a Marco e 293 a Noriglio. Di questi, però, 518 sarebbero «intoccabili» per ragioni di tutela delle peculiarità storico-artistiche dei centri storici che ogni quartiere della città ospita.
Tornando all'Imis, quest'anno non è stata rivista, confermando la linea morbida di dodici mesi fa: nessun roveretano pagherà per la casa di proprietà (ad eccezione delle ville che dovranno versare lo 0,35 per cento) e imposta scontata per le attività produttive con un'aliquota agevolata dello 0,79 per cento.