Ciclabile senza protezioni: «Non è pericolosa»
Il caso di Borgo Sacco
Dopo che un uomo sabato scorso ha rischiato di annegare nell’Adige per colpa di un malore che lo ha colto mentre stava pedalando sulla pista ciclabile a Borgo Sacco, in tanti si sono chiesti se quel tratto non debba essere messo in sicurezza con delle staccionate o delle siepi a protezione di chi transita. «In realtà quel tratto non è considerato pericoloso» rassicura Innocenzo Coppola, dirigente del Servizio occupazione e valorizzazione ambientale della Provincia autonoma di Trento.
Le piste ciclabili in Trentino, fatta eccezione sostanzialmente per quei tratti di strada di proprietà comunale declassati a ciclabile, vengono gestite direttamente della Provincia. Così è anche per il tratto in questione, che va dal ponte sul fiume di Borgo Sacco verso Isera. È lì che un 76enne di Trento sabato, dopo essersi sentito male, è caduto fino in riva al fiume. «Quella è una di quelle situazioni in cui c’è un argine dolce accanto alla pista ciclabile con una golena (ossia uno spazio piano compreso tra la riva del corso d’acqua ed il suo argine, ndr). Non lo abbiamo preso in considerazione tra i tratti da mettere in sicurezza con delle protezioni, che possono essere staccionate o siepi, perché non è tra i più pericolosi» spiega Coppola. «Su un totale di 400 chilometri di piste ciclabili in Trentino, ben 200 sono protetti da staccionate. E se aggiungiamo le siepi almeno il 70 per cento dei percorsi è protetto. È impensabile però installare staccionate o piantare siepi ovunque». E i motivi, come fa presente lo stesso dirigente del servizio a cui è affidata la gestione delle piste ciclabili, sono molteplici. C’è indubbiamente anche quello economico, perché per «le staccionate bisogna prevedere la manutenzione e comunque durano quattro o cinque anni al massimo, poi vanno sostituite».
Ma c’è dell’altro: «Il motivo per cui non tutti gli itinerari sono protetti riguarda anche una questione di impatto ambientale». Il ciclista che sceglie di attraversare il territorio pedalando è felice di poterlo fare quanto più possibile immerso nella natura. «In Austria - aggiunge Innocenzo Coppola - non ho trovato nemmeno un metro di pista ciclabile protetto lungo la Drava, per esempio. Del resto all’estero è diverso anche l’approccio, perché vige il concetto che ogni cittadino è responsabile per se stesso».
Alle nostre latitudini questa cultura deve ancora attecchire.