Aperitivi tra piccioni e passeri per i bar del centro città
Rovereto non sarà Venezia, piazza Rosmini è altro rispetto a piazza San Marco ma le due città hanno in comune un problema: i piccioni. I pennuti, ormai da anni umanizzati, condividono con gli umani gli spazi pubblici. Però danno fastidio e a lamentarsi sono soprattutto i commercianti del centro storico. E per più di un motivo che, in epoca post-Covid (o comunque intermedia, poco importa), cambia la prospettiva.
Se prima, infatti, su tutto c’era la sporcizia, le deiezioni che questi uccelli spalmano sul selciato incuranti della buona creanza, adesso c’è l’«assembramento» sui tavolini nei dehors. Di più: all’ora dell’aperitivo i volatili - accompagnati soprattutto dai teneri passerotti mandati avanti per sondare il terreno - si avventano sugli stuzzichini che gli esercenti servono assieme alle bevande. E non è certo una presenza discreta. «Tutt’altro! - ribattono in coro i gestori dei locali pubblici - Si tuffano sui piatti, rubano affettati, tartine, salatini e perfino le patatine e addirittura strappano il cibo direttamente dalla bocca dei clienti. Così non si può più andare avanti. Già fatichiamo per riprendere l’attività dopo una lunga chiusura ma se dobbiamo rischiare di perdere gente perché è assalita dagli uccelli...».
Durante il lockdown, è risaputo, la natura si è ripresa gli spazi di un tempo. Ovviamente anche gli animali, con ungulati e affini avvistati più volte nei centri storici dei paesi. Ma a tenere il punto in città, anche perché rassicurati dalle ali e dall’agilità di fuga, sono rimasti i pennuti. Che ormai degli umani si fanno un baffo, tanto da condividere con loro pietanze e cichetti.
Insomma, c’è un’assoluta «intimità», o meglio sarebbe dire la confidenza, che i colombi e i passeri si prendono nei confronti degli astanti, turisti o meno che siano, che affollano i tavoli all’aperto dei bar. A distanza sociale, certo, con la mascherina pronta a «tappare» naso e bocca che non scoraggia ma anzi stimola l’avifauna lagarina. Che, anziché girare alla larga, come detto si concede soventi blitz sopra le tazzine, i bicchieri e i piattini infilando il becco in, diciamo così, affari che non sono suoi spesso gettando a terra le stoviglie.
«Danno fastidio», è il coro unanime di chi lavora in centro. E infatti scatenano le ire di clienti e chiaramente di esercenti che pretendono un intervento radicale da parte del Comune o quantomeno una sterilizzazione di massa dei piccioni per evitare pasti familiari a spese altrui.
A palazzo Pretorio hanno affrontato di petto la questione già da qualche anno, almeno per quanto riguarda l’igiene. «Per quanto di nostra competenza ci siamo sempre fatti trovare pronti. - ricorda l’assessore all’ambiente Carlo Plotegher - Tant’è che recentemente abbiamo adottato delle idropulitrici elettriche che entrano in azione tutte le notti per rimuovere, tra le altre cose, proprio il guano».
E, non a caso, del lindore urbano e dei «souvenir» organici di chi svolazza tra i locali nessuno si lamenta.
Ma i cosiddetti ratti del cielo sporcano di più, di fatto quello che ingurgitano poi scaricano. In strada. Anzi, nelle viuzze da cartolina dove, per capirci, al tempo che fu soggiornarono Rosmini piuttosto che Mozart o Cagliostro.
Rimane il curioso divieto di dar da mangiare ai piccioni e ai congiunti più o meno stretti. Per carità, norma che tutti rispettano e, non a caso, come recita il vecchio adagio «se Maometto non va alla montagna la montagna va da Maometto». Ecco dunque che, in mancanza di una pietosa mano tesa che dispensa briciole, gli uccelli di casa nostra il cibo se lo procacciano da soli, servendosi direttamente al tavolo. Se non è simbiosi uomo-natura questa...