In tanti a Rovereto per l’ultimo saluto al pilota eroe. C'è anche il passeggero Marco Vignoni: “A lui devo la vita”
Parla il 42enne bresciano che lunedì era a bordo del biposto guidato da Renato Fornaciari. Il 74enne roveretano si è accasciato al posto di comando dopo aver riportato a terra lo storico Tiger moth giallo ed il suo compagno di volo, l'operatore di riprese della Jolefilm, all'aeroporto di Asiago
TRAGEDIA L'incidente mortale ad Asiago
ROVERETO. «Gli devo la vita. Se ne è andato da professionista ha fatto il suo lavoro fino alla fine salvando me e l'aereo, e poi se n'è andato». Sono le parole di Marco Vignoni, il 42enne bresciano che lunedì era a bordo del biposto guidato da Renato Fornaciari. Ha condiviso con lui l'ultimo volo di una vita sopra le nuvole, perché il 74enne architetto roveretano quella stessa mattina è morto in seguito ad un infarto.
Si è accasciato al posto di comando dopo aver riportato a terra, sani e salvi lo storico Tiger moth giallo, ed il suo compagno di volo, l'operatore di riprese della Jolefilm, all'aeroporto di Asiago. In quelle parole di Vignoni c'è tutta la gratitudine per quel gesto eroico che Fornaciari ha compiuto atterrando probabilmente mentre il malore lo stava travolgendo.
C'è l'emozione di aver condiviso inconsapevolmente i suoi ultimi minuti di vita. C'è la paura per aver rischiato lui stesso la vita.Stavano solcando i cieli insieme per alcune riprese di un film sulla Grande guerra, dal titolo "L'isola che non c'è".
Era stato chiesto a Renato Fornaciari di compiere quel volo in quanto pilota esperto: il primo brevetto di volo in aliante lo aveva conseguito nel 1978, due anni più tardi quello per i velivoli a motore. Aveva pilotato trenta tipi diversi di aerei ed era stato confermato soltanto due settimane fa vice presidente dell'Associazione piloti di montagna, di cui rappresentava l'«essenza» come è stato detto dal presidente Domenico Chiesa. Lui, che aveva compiuto anche voli per missioni umanitarie e che non si tirava mai indietro.
La morte di Fornaciari ha destato molto cordoglio in città. Roveretano lo era diventato, perché era nato a Traversetolo, in provincia di Parma. L'ultimo saluto si è svolto oggi, giovedì 26 maggio, alle ore 11 nella chiesa di Santa Caterina.
«Lascia senza parole quello che è successo» commenta Roberto Pinter. «Sono molto legato alla moglie Manuela e Renato, abbiamo collaborato a diverse cose e ieri ho tracciato un suo ricordo all'assemblea de Pd provinciale, perché ha sempre partecipato alle elezioni primarie, è stato anche iscritto in passato. Era espressione di un'area di sensibilità riformista che coinvolgeva anche la sinistra. Si è sempre contrassegnato per il suo impegno non solo professionale e nel tempo libero, ma anche per essersi preso cura del bene comune e di questa città. Ha partecipato alla vita della comunità sia direttamente sia con la moglie, che ha avuto un ruolo politico ed amministrativo. É una brutta perdita per tutti: ci lascia sgomenti. Almeno è morto mentre faceva qualcosa che gli piaceva davvero tanto: è un'espressione forse scontata che mitiga la tragedia e il coraggio dimostrato nel salvare la vita degli altri. Un abbraccio alla sua famiglia che non riesco ad immaginare senza di lui».
«Era una persona amabile - continua Mario Cossali - che stava bene in compagnia, ma sapeva diventare serio, quasi avvolto da un malinconico fatalismo, quando parlando si toccavano anche di striscio riferimenti a ferite personali o collettive, che conosceva nel profondo. Era come attraversare una breve galleria buia, poi di nuovo nel sole ad esaltare soprattutto l'amicizia, quella vera e gratuita, che cercava avidamente. L'ho rivisto pochi giorni fa alla grande festa di teatro e di nostalgia organizzata da la filo di Lizzana a cui era legato a doppio, triplo filo e l'ho rivisto allegro come sempre, ma pronto a ricordare i nostri inciampi con rara emozione. Ha voluto bene alle donne della sua famiglia e ha ricevuto da loro tanto e in fondo è questo il tesoro che resta, quello a cui tornava ogni volta dopo i suoi voli».