Giustizia / Il caso

La moglie aggredita, il marito assolto. I giudici: “Sta male, va aiutato”

A processo l’uomo ci è finito perché teneva un coltello sotto il cuscino, un bastone dietro la porta («devo difendere la mia famiglia se entra in casa qualcuno») e perché durante una discussione domestica ha provato ad allontanare la consorte colpendola inavvertitamente con le chiavi e sfregiandola

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ROVERETO. La giustizia dal volto umano. É questo, in estrema sintesi, il commento alla sentenza emessa dalla corte di Rovereto - presidente Riccardo Dies, a latere Fabio Peloso e Monica Izzo - all'ennesimo processo per maltrattamenti in famiglia. Stavolta l'«orco», come si dipingono i mariti violenti da qualche tempo in qua, è stato assolto. Perché, perizia alla mano, ha problemi psichiatrici. Tanti e, forse, potrebbe essere un pericolo pubblico.

Questo, almeno, è quanto emerge dalla consulenza tecnica. Ma la vita è diversa dal codice penale e, non a caso, quelle aggressioni tra le mura domestiche sono state ricondotte ad un vizio di mente ma, soprattutto, alla capacità di evitare tragedie per il grande amore che l'imputato, pur malato, nutre nei confronti della moglie e delle figlie, tra cui una disabile.

É un caso strano, decisamente fuori dagli schemi, ma almeno si è affrontato da un punto di vista sociale. Perché l'imputato - un cinquantenne marocchino da anni residente qui - rischiava davvero una sfilza di anni di galera che, senza mettersi per forza la mano sul cuore, avrebbero peggiorato la sua situazione.

Tanto che è stata la stessa procuratrice capo Orietta Canova a chiedere l'assoluzione e andare decisamente oltre: «I servizi sociali, il Centro di salute mentale e il Comune devono farsi carico di questa persona. É malata e ha bisogno di aiuto, la galera sarebbe peggio».

Un tempo, per capirci, di fronte ad un reato si condannava. Il resto, cella o domiciliari tanto fa, erano fatti altrui. Stavolta, invece, nel tribunale di corso Rosmini si è cercato di dare una possibilità - non un miraggio ma qualcosa di concreto - ad un uomo portato a giudizio per maltrattamenti e lesioni nei confronti della moglie ma che, e questo il dibattimento l'ha dimostrato, non ha mai avuto intenzione di fare male ai parenti tanto che, dopo le liti imposte da quelle voci aliene che si impadronivano della sua mente («ho bisogno di un decoder per decifrare quanto mi sussurra alle orecchie l'Fbi»), se ne andava di casa proprio per non fare del male.

A processo, però, ci è finito perché teneva un coltello sotto il cuscino, un bastone dietro la porta («devo difendere la mia famiglia se entra in casa qualcuno») e perché durante una discussione domestica ha provato ad allontanare la consorte colpendola inavvertitamente con le chiavi e sfregiandola.

«Non volevo farlo», ha detto. E la moglie ha confermato, tanto che non si è costituita parte civile. Non solo, nelle tre occasioni di liti violente in vent'anni di matrimonio non ha mai chiamato polizia o carabinieri ma l'ambulanza. «Mio marito non sta bene, ha bisogno di aiuto».

Ecco, quell'aiuto è arrivato incredibilmente dal palazzo di giustizia. E i giudici non hanno preso in considerazione nemmeno la pericolosità sociale. L'assoluzione ha portato allo scarceramento dopo sette mesi. Ed ora? «Abbiamo chiesto alla moglie di portare pazienza fino a quando i servizi sociali non se ne prenderanno carico. - spiega l'avvocato Andrea Azzolini - Ci sono persone che stanno male, hanno problemi psichiatrici e vanno aiutate».

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