«Villaggio Sos, impegno che si rinnova»
«Rinnoviamo l'impegno e il legame con l'intera cittadinanza per offrire accoglienza a chi non può contare sul calore familiare, favorendo l'integrazione dei bambini provenienti da Paesi diversi e preservando il rapporto di fiducia instaurato con le istituzioni locali». In occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione del Villaggio del fanciullo Sos di Trento, festeggiato nella giornata di ieri presso il complesso di Gocciadoro, il presidente Giuseppe Demattè è intervenuto per ringraziare la popolazione trentina che, nell'arco di metà secolo, ha sostenuto e promosso l'attività di un ente benefico nato per ospitare gli orfani nel secondo dopoguerra
«Rinnoviamo l'impegno e il legame con l'intera cittadinanza per offrire accoglienza a chi non può contare sul calore familiare, favorendo l'integrazione dei bambini provenienti da Paesi diversi e preservando il rapporto di fiducia instaurato con le istituzioni locali». In occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione del Villaggio del fanciullo Sos di Trento, festeggiato nella giornata di ieri presso il complesso di Gocciadoro, il presidente Giuseppe Demattè è intervenuto per ringraziare la popolazione trentina che, nell'arco di metà secolo, ha sostenuto e promosso l'attività di un ente benefico nato per ospitare gli orfani nel secondo dopoguerra.
«La città - ha aggiunto Demattè a margine della cerimonia ufficiale - ha sempre considerato il villaggio come una parte integrante del quartiere della Bolghera, in linea con il nostro proposito di non essere un'isola ma un centro aperto a tutti. Questo, ci ha permesso di entrare nel cuore dei trentini che, in tanti anni, hanno mostrato la propria generosità con donazioni e volontariato».
Nato su iniziativa dell'allora assessore alle politiche assistenziali Zita Lorenzi, il villaggio di Trento è stato inaugurato nel 1963. All'apertura della prima struttura, a cui poi se ne aggiunsero molte altre, era presente anche Hermann Gmeiner, filantropo austriaco e ideatore dei centri per l'infanzia, in qualità di socio onorario dell'appena costituita associazione Sos villaggi dei bambini. I primi ospiti, ricevuti da operatori giovani educatori «di buona e comprovata reputazione», furono i bambini rimasti soli al termine del secondo conflitto mondiale, fino a quel momento alloggiati provvisoriamente negli istituti religiosi e negli orfanotrofi del territorio provinciale.
Tra gli anni Sessanta e gli Ottanta il villaggio continua la propria attività, seguendo ed interpretando i cambiamenti della società. In questi decenni, gli educatori furono affiancati da personale femminile, e vennero introdotte delle figure di riferimento per i più piccoli denominate, proprio come avviene in una famiglia, «mamme». Nel 1971, per permettere ai giovani di essere autonomi, venne inaugurata la «Casa del giovane», dove era possibile intraprendere dei percorsi professionali una volta compito il diciottesimo anno di età. Questi appartamenti esistono ancora oggi, ed accolgono i maggiorenni intenzionati a continuare i percorsi di studi fino al conseguimento di diploma superiore oppure della laurea.
Complessivamente, in mezzo secolo di attività, sono transitati nel villaggio di Trento 451 ragazzi e una trentina di «mamme». Al momento sono ospitati circa 65 bambini e adolescenti segnalati dai servizi sociali e tolti dalle famiglie di provenienza con un'ordinanza del tribunale.
«Oggi - ha detto Demattè - i nuclei famigliari con problemi, oppure fragili sono molti. Per legge, i bambini dovrebbero rimanere con noi al massimo due anni, e tornare poi alle famiglie di provenienza oppure essere dati in affidamento. In realtà, la media di permanenza al centro è di quattro anni».
Circa la metà degli ospitati, è di origine straniera, anche se Dematté tiene a precisare che «tutti i bambini sono trentini, in quanto adottati dalla città».
La cerimonia di ieri, a cui sono intervenuti anche il sindaco di Trento Alessandro Andreatta e l'assessore provinciale alla sanità Ugo Rossi, i quali si sono riferiti al villaggio definendolo un «patrimonio della comunità», è proseguita con la consegna dell'anello per i dieci anni di servizio all'operatrice Loredana Lorenzi Zagra. Il riconoscimento è stato conferito da Peter Volker, rappresentante dell'associazione Sos Kinderoff, la rete internazionale che comprende anche l'ente italiano.