«Rossi parli di futuro»
Lorenzo Dellai sogna la ricostituzione di un grande partito popolare di stampo europeo. Intanto striglia la giunta Rossi: «Finora ha parlato solo di tagli e ridefinizione delle priorità, che pure sono necessari. Mi sentirei di esortarli a non rinunciare a proporre anche una visione di futuro»
Lorenzo Dellai sogna la ricostituzione, nel medio periodo, di un grande partito popolare di stampo europeo, che un giorno sappia essere alternativo a un partito socialdemocratico - come definisce il Pd - e anche al populismo della destra berlusconiana e di Grillo.
Nel breve termine, con il nuovo gruppo parlamentare «Per l'Italia», di cui è presidente alla Camera dopo la rottura con Scelta Civica, ha deciso di «avviare un percorso tutto in salita riconfermando però una lealtà assoluta al governo Letta». Se poi la situazione precipitasse e si dovesse andare al voto nel 2014, l'ex governatore non ha dubbi: «Per l'Italia non potrebbe che allearsi con il Pd, mai infatti potrebbe scegliere Berlusconi né il Nuovo centrodestra di Alfano».
Onorevole Dellai, il senatore Tonini parlando di «Per l'Italia» ha detto che secondo lui non è più il tempo dei partiti monoculturali e che la vostra riduzione ai numeri primi è più sintomo di crisi che di innovazione. Che senso ha questo suo nuovo partito?
Per l'Italia è un nome provvisorio. I due gruppi alla Camera e al Senato sono solo l'inizio di un percorso politico che vuole recuperare una presenza di tipo popolare in un sistema politico che negli ultimi 20 anni si è organizzato sulla base di riferimenti diversi rispetto alle culture politiche. Però inviterei anche il senatore Tonini a una riflessione più approfondita. Non vorrei che l'entusiasmo suscitato dal congresso del Pd, che è stato molto vitale e importante, portasse a conclusioni affrettate.
Cosa intente dire?
Ricordo che la vocazione maggioritaria ha già portato in passato figure di grande spicco come Walter Veltroni a misurarsi con l'insuccesso. E anche i sondaggi dall'elezione di Matteo Renzi indicano una crescita a favore del Pd ma anche di Berlusconi. Assistiamo a una polarizzazione.
In questo contesto cosa pensa che accadrà nel 2014?
Oggi c'è uno scontro fra due prospettive molto diverse per il Paese. Da una parte ci sono Letta e Napolitano, dall'altra c'è l'asse Berlusconi-Grillo che cavalca le paure e le difficoltà. È questa la vera partita politico-istituzionale per il 2014. In questo quadro si inserisce l'elezione di Renzi alla guida del Pd, che ha molti elementi positivi, dati dalla carica di innovazione e cambiamento della politica, ma anche un'inclinazione populista che si ravvisa qua e là. Ma il populismo è una droga che non si può prendere a modiche dosi: o si fa l'opzione zero e se ne diventa dipendenti o vittime.
Cosa vede di populista in Renzi?
Ad esempio l'inclinazione ad annunciare le cose ed essere sempre un metro oltre il dibattito della politica, che indica una tendenza semplificatoria, che porta il governo a rincorrere le situazioni e a fare scelte discutibili e sbrigative, come la legge sulle Province o quella sul finanziamento dei partiti. Il rischio è che il governo si trovi a dover evitare l'immobilismo, ma anche con un'ansia di prestazione che nuoce ugualmente al Paese, perché nascono provvedimenti raffazzonati che magari poi il governo deve ritirare.
In questo contesto che ruolo ha «Per l'Italia»?
Tonini scherza perché «Per l'Italia» è ridotta ai minimi termini, è vero, però è anche vero che all'interno del Pd ci sono istanze e proposte molto diverse. Ciò che conta è avere chiaro che il vero scontro è fra le due opzioni che dicevo prima: rinnovamento, ma non populismo. Per l'Italia vuole lavorare per la ricostruzione politica della tradizione popolare, che è diversa da quella socialista del Pd, se no saremmo nel Pd, anche se per immaginare in futuro scenari diversi con una competizione tra socialdemocratici e popolari è necessario che sia sconfitta definitivamente la destra berlusconiana.
E il Nuovo centrodestra di Alfano dove si colloca?
La divisione fra Alfano e Berlusconi è ancora tutta da interpretare. È una grande incognita. La scelta di Alfano è stata forte e netta nell'appoggio al governo Letta. Non è chiaro quale sarà invece l'approdo politico. Può puntare a ereditare il sistema berlusconiano o costruire una prospettiva diversa, che non ha nulla a che vedere con il berlusconismo. Noi manteniamo un giudizio sospeso sull'approccio politico. Finché non sarà chiarito non ci potranno essere alleanze tra noi e loro.
Sia Renzi che Letta provengono dalla tradizione popolare come lei, eppure sono nel Pd. Pensa che abbiano rinunciato a rappresentarla?
È così. Come ha detto Giuseppe De Rita oggi (ieri, Ndr.) sul Corriere della sera la politica oggi è più rappresentazione che rappresentanza di culture e istanze. Io penso invece che ci sia bisogno di dare rappresentanza alla cultura del popolarismo, che vuol dire solidarietà, partecipazione, socialità. Noi non vogliamo fare una Udc 2, ma una cosa diversa e con persone nuove, dando la priorità all'equità accanto alla crescita.
Che futuro vede per l'Upt in Trentino?
L'Upt è già l'espressione della cultura popolare. Ha resistito bene alle elezioni in un passaggio difficile. Spero che con il congresso ci sia la ripresa del progetto in linea ma indipendente dal partito nazionale, che comunque sarà una federazione di partiti territoriali.
Che giudizio dà della giunta di Ugo Rossi?
Fino ad ora mi sono astenuto dal commentare i primi passi, ma dopo aver visto sui giornali locali che Rossi e la sua squadra fino ad ora hanno parlato solo di tagli e ridefinizione delle priorità, che pure sono necessari, mi sentirei di esortarli a non rinunciare a proporre anche una visione di futuro e mi auguro che l'Upt contribuisca in questo. La mia giunta una visione di lungo periodo, giusta o sbagliata che fosse, l'aveva, scegliendo di puntare su ricerca, innovazione e sull'autonomia politica e istituzionale.