Stangata Ici sulle paritarie Il Comune resiste alle scuole
Il Comune di Trento resiste al ricorso delle scuole cattoliche che contestano le cartelle esattoriali inviate da Palazzo Thun per chiedere il versamento degli arretrati Ici del 2011. Resiste ma senza infierire, nel senso che pur potendolo fare non ha chiesto, in occasione della prima udienza davanti alla commissione tributaria di primo grado, la sottoscrizione di una fidejussione a garanzia del pagamento in caso di condanna, cosa che rientrava nelle sue facoltà.
La prossima udienza è fissata per il 21 giugno e le scuole interessate sperano che i giudici trentini possano esprimersi sulla stessa linea dei loro colleghi di Milano, che in due sentenze analoghe hanno riconosciuto come ancora valide e applicabili le tabelle del Ministero dell’istruzione, che in una precedente circolare aveva fissato la cifra di 6.914,17 euro di retta media per alunno come limite oltre il quale considerare quella della scuola attività commerciale e come tale tassabile l’immobile in cui viene svolta; un limite che da noi non viene superato.
A Trento sono diverse le scuole cattoliche private a cui sul finire dell’anno scorso il Comune ha inviato le cartelle esattoriali relative all’Ici arretrata non pagata nel 2011: l’Arcivescovile, a cui sono stati chiesti 97.658 euro, il Sacro Cuore con 38.411 euro, l’Istituto Salesiano Maria Ausiliatrice con 20.362 euro, la Sacra Famiglia con un importo più basso. Il debito è stato quantificato in applicazione di una sentenza della Corte di Cassazione che due anni fa aveva dato ragione al Comune di Livorno che si era opposto all’esenzione, allora vigente, dal pagamento dei tributi sugli immobili da parte delle scuole private. Già nel 2015 Trento aveva applicato un’aliquota Imis agevolata chiedendo lo 0,20 ma rigettando l’esenzione chiesta dalla lega Nord. L’anno scorso però aveva dovuto prendere atto della sentenza e chiedere gli arretrati dell’anno 2011 che stavano per andare in prescrizione; un atto dovuto per non finire sotto processo da parte della Corte dei Conti per danno erariale.
In seguito alle richieste gli amministratori degli istituti avevano tenuto una riunione per concordare una linea comune in cui avevano deciso di reagire con il ricorso. Quello dell’Arcivescovile, da poco notificato, porta la firma di Bruno Tomasi e come avvocati difensori l’istituto ha nominato Paolo Giovannini, commercialista di Milano, e l’avvocato Dario Augello, anche lui milanese. Il Comune, come si legge in una delibera approvata dalla giunta nell’ultima seduta, resiste e affida la propria rappresentanza all’avvocato Denise Chiogna.
«La questione è molto seria - commenta Franca Penasa, amministratrice del Sacro Cuore - soprattutto perché va difeso un principio. Noi dimostriamo dai bilanci che non facciamo utile e non abbiamo scopo di lucro. Se però verrà confermato l’obbligo di pagare non potremmo che trasferire gli aumenti sulle rette, cosa che non avremmo voluto fare». Penasa critica anche il fatto che all’istituto venga fatta pagare l’aliquota piena sugli immobili destinati a convitto e mensa: «Mi chiedo perché non debbano essere considerati servizi strettamente connessi alla scuola».
In ballo con il contenzioso aperto davanti alla commissione tributaria ci sono le differenze tra quanto versato nel 2011 e quanto invece dovuto in base alla sentenza della Cassazione. Ma le cifre andranno moltiplicate per cinque in caso di rigetto, perché a quel punto arriveranno anche le cartelle esattoriali del 2012, 2013, 2014 e 2015. Una bella botta per le scuole. «Ma il problerma non è tanto per le suore - spiega Penasa - che sono poche e hanno un’età media elevata, anche se il loro lavoro gratuito non viene riconosciuto. Il problema è di posti di lavoro e indotto per un sistema che in città conta 130 dipendenti e che con il sistema mensa produce 600 pasti al giorno».
Gli amministratori delle scuole cattoliche respingono poi l’accusa di pesare sul sistema scolastico e sui conti pubblici per via dei lauti contributi ricevuti: «In realtà - assicura Penasa - abbiamo predisposto delle tabelle che mostrano chiaramente come la frequenza di un alunno costi molto meno da noi rispetto ad una scuola statale».