Cinque positivi alla RSA di Cadine la denuncia degli operatori: risposte lente e 3 campioni andati persi
La RSA “Casa Famiglia” di Cadine, una delle più grandi del Trentino con utenza soprattutto dalla città capoluogo, si trova a fronteggiare i primi casi di Covid. Ma gli operatori denunciano l’assenza totale di risposte da parte bdi Provincia e Azienda Sanitaria.
Con un forte ritardo nella comunicazione dell’esito dei tamponi ed addirittura due campioni perduti (su 5), di cui non si sa più nulla.
“Ci troviamo costretti a scrivere questa lettera come unico mezzo di comunicazione per descrivere come noi operatori sanitari in RSA Casa Famiglia, stiamo vivendo questo periodo e soprattutto constatare l’inefficienza delle istituzioni e come inoltre la nostra Sanità in questo periodo dovrebbe garantire la salute della popolazione, per come sancito dalla Costituzione Italiana all’art.32 Le Residenze Socio Assistenziali sono state le uniche a seguire protocolli e procedure molto restrittive, perché all’interno di esse persone fragili da proteggere in ogni modo. Noi, come operatori sanitari, eravamo e siamo assolutamente d’accordo, perché a cuore il benessere dei nostri residenti e dei famigliari; tra l’altro Casa Famiglia è stata l’unica ad avere un lockdown molto più rigido rispetto ad altre RSA.
Voi, poche persone che leggerete questo scritto, cercate per un attimo a pensare anche alla solitudine di questi residenti, che a volte capiscono, ma spesso non comprendono il perché di questo stravolgimento nei loro affetti. Per mesi non hanno visto nessun famigliare se non in maniera sterile attraverso un video, poi li hanno incontrati per pochi minuti in settimana dietro ad una parete di plexiglass. A volte addirittura sono morti in solitudine solo con noi operatori che in questa fase li tenevamo per mano, davamo loro una carezza, un segno di affetto nell’ultimo viaggio. Noi siamo stati lì a fianco a loro in questa triste solitudine.
Riflettete!”
Poi la cronaca: “Purtroppo, esattamente il 22 ottobre, è arrivata per tutti noi una notizia devastante: il primo contagio di un ospite da Covid 19, dopo tutti gli sforzi e le attenzioni rigorose che avevamo tenuto in tutti questi mesi. La struttura si è subito adoperata all’emergenza. Noi operatori consapevoli della situazione, abbiamo dato tutto il supporto per aiutare nella gestione di questa situazione straordinaria senza mai fare un passo indietro! Consapevoli del rischio non ci siamo mai tirati indietro! Il giorno stesso tutti i dipendenti sono stati sottoposti a tamponi, come tutti gli ospiti per arginare il prima possibile la situazione, soprattutto per isolare i casi positivi. Non è stato possibile agire in modo adeguato perché non abbiamo avuto velocemente gli esiti dei tamponi! Vi chiederete come? Ve lo scriviamo, con il cuore in mano….
Ad oggi, 4 novembre, è accaduto per ben due volte e scriviamo per ben due volte, il ritardo di 5 giorni per ricezione della risposta esito dei tamponi! Non è concepibile!
Come possiamo arginare l’emergenza, se le risposte arrivano così tardi o addirittura 3 campioni degli ospiti vengono persi?
Questa disarmante inefficienza del Servizio Sanitario Trentino sta portando al collasso il sistema residenziale.
Noi non siamo dei tecnici pagati migliaia di euro. Si sapeva benissimo che sarebbe arrivata la seconda ondata, ma le istituzioni non ne erano a conoscenza?
Non ci si poteva organizzare in maniera più efficiente, aprire nuovi laboratori, formare ulteriore personale, agire sulla prevenzione? Ora sul campo, appare tardiva ogni tipo di risposta.
Vogliamo parlare dei sistemi di protezione individuali (DPI)? Capiamo che all’inizio dell’emergenza di marzo non si era preparati, il mondo era in balia dell’infezione, ma dopo sei mesi, no, si doveva essere preparati a tutto. Con l’utilizzo, fin dalle prime allerte, dei DPI corretti, avendo le informazioni dei risultati dei tamponi in un tempo adeguato.
Vorremmo sottolineare che anche noi operatori sanitari abbiamo una vita al di fuori e farci sentire moralmente in colpa, per il fatto che siamo noi a portare l’infezione all’interno delle strutture non è giusto. Sentirci il peso che i nostri ospiti, che abbiamo curato fin dal primo giorno muoiono per colpa nostra, è pesantissimo; non so se mai riusciremo a dimenticarlo. Noi al di fuori dal contesto lavorativo da marzo abbiamo tenuto una vita molto attenta e previdente, ponendoci professionalmente anche dei limiti a volte pesanti, perché abbiamo una coscienza e un dovere civico che ci dice di tenere in considerazione sempre i nostri residenti, specialmente i più fragili.
Ovviamente questa emergenza non è stata solo a Casa Famiglia, ma anche in altre realtà. Chi ci governa non dovrebbe dare precedenza ai soggetti più deboli? O forse sbagliamo noi a pensare questo? Oppure oggi le istituzioni possono arrogarsi il diritto di decidere chi può sopravvivere e chi no?
Richiamiamo, come cittadini e professionisti incaricati all’assistenza tanto applauditi nel passato, la PAT e APSS a maggior attenzione e senso civico, nell’obiettivo di protezione dei soggetti più deboli, come i nostri cari anziani portatori di saggezza e storia, che hanno fatto Grande questa Patria ormai alla deriva” concludono gli operatori RSA Casa Famiglia di Cadine.