Bypass ferroviario e aree inquinate, Rfi dice sì alla bonifica integrale. Spunta anche l'ipotesi dell'esproprio. Ma il problema è: con quale sistema si fa? Non si è mai riusciti a trovarlo in 40 anni
È risultato fondamentale, per la questione deei terreni contaminati di Trento nord, il confronto avuto dal presidente della Provincia Fugatti e dal sindaco Ianeselli con l'amministratrice delegata della società ferroviaria, Vera Fiorani, e con la commissaria straordinaria per il quadruplicamento della linea del Brennero, Paola Firmi
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TRENTO. Da settimane il sindaco Franco Ianeselli e il governatore Maurizio Fugatti andavano dicendo di voler fare pressing nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana affinché si sfruttasse l'occasione del progetto di circonvallazione ferroviaria per affrontare in maniera integrale il tema della bonifica delle aree inquinate di Trento Nord.
Ianeselli lo ha fatto scrivere nel parere al progetto preliminare, approvato in Coinsiglio comunale. E oggi Fugatti lo ha scritto nelle osservazioni spedite a Rfi ed al Ministero.
Il nodo è la bonifica delle aree Sloi e Carbochimica. Impresa che, dopo decenni di inerzia e visti i tempi strettissimi imposti dal Pnrr, sembrerebbe disperata, ma intanto il coinvolgimento di Rfi c'è effettivamente stato.
Come annunciato martedì in consiglio comunale a Trento dall'assessore alla transizione ecologica e mobilità Ezio Facchin infatti sindaco e governatore giovedì scorso hanno avuto un incontro online con l'amministratrice delegata della società ferroviaria, Vera Fiorani, e con la commissaria straordinaria per il quadruplicamento della linea del Brennero, Paola Firmi.
È stata l'occasione per concordare l'avvio di un'azione coordinata nei confronti dei Ministeri competenti, ma anche dei proprietari delle aree ex Sloi ed ex Carbochimica, per riprendere in mano la questione e ripartire con un progetto di bonifica integrale. «È una questione non più rinviabile» ha ribadito in aula Facchin.
A chi nei giorni scorsi si chiedeva cosa c'azzecca Rfi, che si occupa di opere ferroviarie, con un progetto di bonifica di aree industriali dismesse e a che titolo si volesse coinvolgere una risposta la dà il passaggio successivo di cui ha parlato l'assessore in aula: l'ipotesi di procedere a un esproprio dei terreni inquinati e ad una variante urbanistica, evidentemente finalizzata a togliere da quell'area le centinaia di migliaia di metri cubi di costruito previsti e prevederne un utilizzo soft, che implicherebbe una messa in sicurezza molto meno profonda e molto meno costosa. Se questa sarà la strada perseguita il coinvolgimento di Rfi anche nella fase successiva di valorizzazione delle aree con finalità pubblica, tipo un parcheggio a servizio della fermata prevista proprio nel tratto di ferrovia che passa tra Sloi e Carbochimica, sarebbe coerente.
«È una delle ipotesi» conferma il sindaco. Che la questione bonifiche di Trento Nord sia il nodo centrale da sciogliere per andare avanti col progetto ferroviario lo conferma anche il dibattito in aula a Palazzo Thun. E le preoccupazioni, convertite in precise prescrizioni nella proposta di delibera che esprime il parere sullo studio di impatto ambientale predisposto da Rfi sul progetto circonvallazione, sono state ribadite e amplificate nei due ordini del giorno presentati da maggioranza e minoranza.
Il primo è stata illustrato in aula da Andreas Fernandez, di Europa Verd, l'altro da Andrea Maschio (Onda Civica), Marcello Carli (risoergimento Trento) e Silvia Zanetti (Si può fare!)ancor più restrittivo. Nel dibattito è intervenuto Giuseppe Filippin, della Lega, per riconoscere come la proposta di esproprio e intervento soft, che lui ha sempre sostenuto anche in passato, sia condivisibile ma si è detto scettico sulla possibilità di un progetto di bonifica integrale allo stato attuale delle conoscenze sul piombo tetraetile dell'ex Sloi.
Il sistema di bonifica? Non si è trovato in 40 anni. Aldilà delle richieste degli enti locali trentini e degli impegni di Rfi, rimane il problema: in 40 anni di studi e confronti internazionali, non è mai stato trovato un sistema di bonifica sicuro per il piombo teatraetile. Che nei terreni Sloi è stato sversato per decenni (dagli anni 40 al luglio 1978).
Scavare per asportare il terreno inquinato è impresa titanica e dal costo miliardario: sono circa 170 mila tonnellate di materiale inquinato, ci vorrebbero anni, molti soldi, e non c'è certezza che mettere mano al terreno non aggravi il problema.
Si era guardato con interesse ad una tecnica sperimentale, la "vetrificazione", con la quale si voleva provare a "cuocere" il terreno inquinato in modo da asprtarlo senza disperderlo. Ma anche questa tecnica è stata accantonata.
Naturalmente da tempo i privati proprietari auspicano di poter semplicemente ricoprire tutta l'area con uno strato di terra, per poi poterci costruire sopra (magari su palafitte di cemento armato). Una soluzione che è ritornata di moda, e viene qua e là paventata nuovamente: è molto più economica, più velocve, ma non risolve i problemi dei veleni che rimarrebbero sepolti lì.