Guglielmo Gottoli, dal Trentino a Melbourne per guidare gli universitari
Originario di Sasso di Nogaredo, vive in Australia dopo aver girato il mondo con la moglie Anne e i loro cinque figli. È il “provost” di una residenza storica per studenti. Il college, come ha raccontato, era nato per ospitare i ragazzi di campagna, ora arrivano da tutto il mondo
STORIE Le interviste dei trentini all'estero
ROVERETO. L’Australia è il posto forse più lontano che si possa immaginare da qui. Ma anche a Melbourne, dove in questi giorni si festeggiano Natale e Capodanno in maniche corte, c’è una comunità di trentini. Oltre 900 mila australiani derivano da discendenza italiana (censimento 2011), anche se qualcuno ormai l’italiano non lo parla nemmeno vivendo da generazioni in Australia.
Uno di loro ha le sue radici in Vallagarina, a Sasso di Nogaredo per la precisione dove vivono mamma Enrica e papà Adalberto, ma vive stabilmente a 16 mila chilometri distanza dal 2012. Si tratta di Guglielmo Gottoli, che a Melbourne è il direttore di uno dei dieci collegi affiliati alla prestigiosa Università di Melbourne. Una residenza storica, di cui il cinquantenne trentino è il primo rettore laico. Il “provost” in gergo. L’intervista in videochiamata ha un fuso orario di undici ore: alle nostre latitudini è ancora mattina mentre per chi vive là è già ora di andare a dormire e Gugliemo sta dando la buona notte ad uno dei suoi cinque figli.
La famiglia costruita insieme alla moglie Anne, originaria della Mauritius, ha girato il mondo, come quella del fratello minore Gianluca che si divide tra Abu Dhabi e Londra. Dopo gli studi tra Inghilterra e Colorado, gli anni alle Mauritius a lavorare per il Governo (dale 2009 ale 2012) e poi la scelta di stabilirsi in Australia dopo avervi lavorato come ricercatore per la Deloitte tra il 2006 e il 2008. (In foto, Guglielmo Gottoli a sx e il Rettore gesuita Padre Frank Brennan SJ fuori dal collegio di Melbourne)
Direttore, c’è qualcosa capace di annullare le distanze con il Trentino laggiù a Melbourne?
Qualche trentino ogni tanto si sente e si riconosce subito in mezzo a tante persone. E poi c’è una trasmissione italiana anche alla radio locale, che trasmette in tutte le lingue degli immigrati.
Il collegio che le è stato affidato è una residenza storica, vero?
Il Newman college è una delle dieci residenze affiliate all’Università di Melbourne: è stato fondato da missionari irlandesi tra il 1916 e il 1918. Gestito dai Gesuiti, il college prende il nome dal religioso John Henry Newman, teologo cristiano del XIX secolo e cardinale di Santa Romana Chiesa, che rivestì un ruolo importante nel Movimento di Oxford e che, dapprima anglicano, nel corso della sua esperienza spirituale e teologica si era convertito alla chiesa cattolica romana.
E il suo ruolo qual è?
Il rettore è un gesuita, padre Frank Brennan, io sono il provost, che ha un ruolo più operativo. Gestisco gli aspetti più pratici e quelli più attinenti agli studenti. Dai programmi accademici all’assistenza che garantiamo agli studenti.
Non si tratta di una semplice residenza che offre alloggi alle ragazze ed ai ragazzi, dunque…
No, infatti. Non è come un college americano che offre vitto e alloggio ma assomiglia più al modello inglese di Cambrige o di Oxford. Era una comunità accademica nata per i ragazzi di campagna cattolici che volevano venire a studiare qui. Ora ha una dimensione internazionale.
Cosa significa?
Anche in Italia è nato qualcosa di simile ultimamente. Gli studenti che alloggiano da noi hanno l’obbligo di mangiare insieme, come in famiglia. Per tre sere a settimana devono partecipare alle cossiddette formal dinner, cene in giacca e cravatta con la toga accademica. Un po’ come in Harry Potter, per rendere l’idea.
Chi chiede di far parte dunque cerca qualcosa di più di un alloggio?
È una grande famiglia la nostra, all’interno della quale ci sono gli universitari ma anche figure professionali che seguono i ragazzi. Vengono proposti ritiri spirituali, seminari e aiutati nella frequentazione dei corsi.
Quanti universitari ospitate?
Prima del Covid arrivavamo a 315, tra iscritti alla laurea di primo e secondo livello e post laurea. Molti arrivano dall’estero: circa 90 in rappresentanza di 35 diverse nazionalità. Ora questi sono una trentina, di dieci nazionalità.
Come si trova in quell’ambiente?
Sono sempre in mezzo ai ragazzi, nel bene e nel male, naturalmente.
E tra tanti giovani, che cosa ha notato in questi anni? Quali sono le caratteristiche dei ragazzi di oggi?
Sono più fragili i ragazzi di oggi. La questione della salute mentale è diventata più importante, soprattutto dopo il periodo Covid. Il supporto psicologico ed emotivo lo garantiamo ma abbiamo notato che ci sono molti più ricorsi presentati per poter rifare gli esami proprio in relazione a questo problema. Anche dal punto di vista dell’identità, ad esempio: noi adulti dobbiamo fare molta più attenzione nell’approccio.
Lei che ha frequentato università in diverse parti del mondo e che ha dei ragazzi ormai adolescenti, cosa pensa di questo?
Vedo ragazzi che non hanno carattere, non hanno temperamento. Noi cerchiamo di fare molta attenzione anche al tema dei suicidi, del bullismo, della discriminazione e dell’abuso sessuale. Abbiamo proposto training per tutto lo staff su queste tematiche. É vero però che i ragazzi di oggi tendono anche ad esporre molto di più le loro fragilità, rispetto ai nostri tempi.
Come si vive da trentino a Melbourne?
A parte la distanza da casa, che rende difficile poter tornare più spesso, si vive bene. Il carovita si fa sentire anche qui ma è una città molto bella. Tra le più vivibili al mondo, che offre cultura e qualità della vita. Qui abbiamo servizi, spazi verdi. E poi è una città internazionale: un quarto degli australiani sono nati fuori dal Paese.