Lavarone, il vento abbatte anche l’abete rosso policormico nel parco di Villa Zileri
Un albero speciale, che aveva resistito a una granata nella Grande Guerra, poi a molte bufere, compresa la devastante Vaia del 2018, ma che sabato scorso, 14 settembre, ha ceduto alle forti raffiche di vento finendo sull'edificio storico. Sempre in zona, nel 2017, lo schianto dell’Avez del Prinzep, l’albero più alto d’Italia e forse l’abete più grande e maestoso d’Europa
LAVARONE. Non si ferma il percorso di morte e distruzione degli alberi e dei boschi degli Altipiani Cimbri. L’inizio di questo dramma è stato lo schianto dell’Avez del Prinzep nella notte del 13 novembre 2017, l’albero più alto d’Italia e forse l’abete più grande e maestoso d’Europa.
Nel 2018 il decorso della tempesta Vaia ha raso al suolo centinaia di migliaia di alberi (milioni in tutto il territorio Trentino).
Poi lo zampino lo ha messo il bostrico (Ips typographus), coleottero corticicolo, parassita dell’Abete rosso, con una infestazione senza precedenti sulle Alpi meridionali, che ha fatto strage di Pecci.
Nel territorio del Triveneto, la moria di alberi causata dal bostrico è stata superiore a quella di Vaia; un fenomeno più lento (diversi anni), più subdolo e solo apparentemente meno visibile. Per una serie di circostanze, non solo fortuite, l’Ips typographus è stato molto meno aggressivo nei territori di Lavarone e Luserna.
Ora è la volta dell’abete rosso policormico del parco di Villa Zileri, situata a Chiesa, appena a oriente del lago di Lavarone.
Un albero straordinario, caratterizzato da un fusto possente, che a pochi metri da terra si divideva in 12 fusti separati, ogn’uno dei quali più grande e più alto di un singolo albero. 12! come gli apostoli, soprannominato da alcuni locali appunto come l’Abete degli Apostoli.
Policormico si definisce un albero che ha perso la dominanza apicale e il cimale viene sostituito da alcuni rami laterali che si incurvano verso l’alto, normalmente da 2 a 5.
Come questo albero pazzesco sia riuscito a dividersi in 12 punte è un fatto incredibile, come pure straordinaria è stata la capacità del fusto basale e del suo apparato radicale nel sostenere e nutrire contemporaneamente, per almeno un secolo, l’equivalente di 12 alberi.
Si racconta che l’albero, nella sua forma iniziale, sia stato colpito da una granata nella Prima guerra mondiale e che ne abbia sventrato il fusto e il cimale. L’albero non si è dato per vinto e piuttosto di soccombere ha sviluppato questa eccezionale proliferazione di fusti, che nella sua deformità ha raggiunto le dimensioni e l’aspetto come i più belli alberi monumentali d’Italia.
L’Abete rosso di Villa Zileri è sopravvissuto alla Prima guerra mondiale, ha resistito alla bufera che ha demolito l’Avez del Prinzep, è scampato al respiro micidiale di Vaia, ha miracolosamente eluso il transito di milioni di individui di bostrico… L’albero non c’è l’ha fatta invece a contrastare la bufera di vento da nord che si è abbattuta sabato 14 settembre 2024.
Un intenso episodio di foehn; un impetuoso e impietoso vento di ricaduta, secco e molto rafficato, che si verifica sulle Alpi quando imponenti masse d’aria tracimano dal versante opposto. Raffiche di 80-90 km/h, che essendo irregolari e tumultuose fanno barcollare gli alberi da una parte e dall’altra, in un tormento discontinuo, finché la raffica più inaspettata, nel punto più improbabile, non ne dà il colpo di grazia.
Un episodio analogo a quello che ha abbattuto l’Avez del Prinzep, come pure analoga era la cavità che caratterizzava e indeboliva il fusto principale. Sì, perché anche questo albero, per quanto possente, presentava un’enorme cavità, formatasi nei decenni successivi, proprio a causa dell’evento (granata?) che lo aveva reso policormico.
La bufera di vento ha parzialmente demolito l’Abete rosso di Villa Zileri, staccando 7 delle 12 punte che si sono poi schiantate e frammentate proprio a ridosso della Villa stessa, danneggiandola in più punti.
Ne rimane un albero ulteriormente ferito, compromesso, un moncone instabile su cui poggiano 5 punte, a sembrare una mano aperta rivolta verso il cielo, quasi a voler gridare pietà! Rimane la speranza che questo episodio possa chiudere il circolo tragico degli alberi iniziato con l’ultimo respiro dell’Avez del Prinzep.
[foto: Damiano Zanocco]