Inquinamento nel Brenta: moria di pesci

di Valentina Fruet

Un altro intervento sull’argine del fiume Brenta per il Corpo Forestale del Distretto di Pergine. Ancora una volta a Caldonazzo, all’altezza dello sbocco nel fiume del ramale delle acque bianche del paese, si è identificata la fonte di qualcosa che in un corso d’acqua non dovrebbe mai esserci: inquinamento organico proveniente dalle acque nere. Un problema che era già stato segnalato oltre due mesi fa e che è rimasto irrisolto.
Sul posto per fare rilievi e controlli, ieri mattina, a seguito delle segnalazioni di un pescatore dell’Associazione pescatori Fersina-Alto Brenta che giovedì in giornata ha rinvenuto decine e decine di pesci morti, oltre al Corpo Forestale sono intervenuti anche l’Appa, e i funzionari del Comune interessato. 
 
«Lungo il fiume» ci hanno detto gli uomini della Forestale presenti sul posto per le verifiche mentre ancora controllavano la presenza di materiale inquinante nella tubatura di scarico «sono stati trovati grossi pesci senza vita e la causa sembra che sia la presenza elevata di batteri fecali nelle acque». Lo stesso era già accaduto alcuni mesi fa, nell’ottobre scorso: i Bacini Montani, durante i lavori di allargamento dell’alveo del Brenta per evitare improvvise piene e innalzamenti del lago di Caldonazzo, «hanno rinvenuto questa tubatura di proprietà del Comune, ma non concessionata ovvero abusiva, che dovrebbe scaricare nel Brenta l’acqua piovana raccolta per le strade del paese» ha spiegato la Forestale «invece quando piove si trovano sversamenti di acque nere chiaramente provenienti da abitazioni che sono evidentemente allacciate senza autorizzazione: come la scorsa volta abbiamo trovato carta igienica e assorbenti. Il Comune avrebbe dovuto svolgere i controlli e da anni su tutto il territorio dovrebbero essere stati divisi i collettori delle acque nere da quelli delle acque bianche».
 
La situazione sembra abbastanza grave, tanto che un paio di settimane fa era prevista una semina di pesce da parte dell’Associazione pescatori che la Forestale e il veterinario di zona hanno bloccato per l’inquinamento delle acque e per la pubblica incolumità dato che «i batteri presenti nelle fognature sono pericolosi sia per la fauna ittica che per gli uomini». A questo punto sia il Comune che l’Appa faranno le loro verifiche e, se la condizione permane, unica soluzione sarà quella di «sequestrare e chiudere quel tubo» ha specificato la Forestale perché «l’inquinamento nel Brenta, che percorre tutta la Valsugana, non può essere tollerato»; nel frattempo l’apertura della pesca è posticipata di una settimana (domenica 12 febbraio invece che domenica 5) a meno che dalle analisi delle acque e dei pesci rinvenuti non emerga qualcosa di più grave. 
 
La moria di pesci ha fatto scattare un campanello di allarme sulle condizioni ambientali: «Trovare lucci, tenche, barbi e trote autoctoni più lunghi di 70 centimetri morti, fa riflettere e porta alla luce di nuovo le tematiche ambientali, soprattutto perché questi pesci ci mettono anni e anni a raggiungere tali dimensioni» afferma il presidente dei pescatori, Eccel.

comments powered by Disqus