Aree inquinate alle Lochere: "Nessun pericolo per la salute"
Ambiente al primo posto tra gli argomenti del consiglio comunale di Caldonazzo, con un’interpellanza dei consiglieri Cesare Ciola e Marco Motter del gruppo di minoranza «Insieme per Caldonazzo», per sapere di più riguardo le due aree sequestrate alle Lochere all’inizio del mese di gennaio. A preoccupare sono in primo luogo «la salute pubblica e l’ambiente - ha detto Ciola - e poi la conservazione del patrimonio comunale: per questo vorremo essere informati sul ruolo dell’amministrazione e sui contratti che regolano le particelle in cui sono stati rinvenuti in grande quantità rifiuti pericolosi e non».
Gli agenti del nucleo operativo specialistico del Corpo forestale della Provincia di Trento e della Stazione forestale di Levico Terme durante il rilievo del 10 gennaio avevano estratto dal terreno delle due particelle interessate rifiuti speciali di ogni tipo: una bombola di gas da parecchi litri, taniche di erbicidi, bottiglie di olii minerali usati nel settore meccanico, flaconi di plastica contenenti sostanze di diverso tipo, rottami ferrosi, grossi frammenti di cemento e ferro provenienti da demolizioni, grandi pezzi di plastica e altro (l’Adige, 11 gennaio).
Il sindaco ha risposto, rassicurando i cittadini preoccupati per la salute pubblica e per l’ambiente e spiegando che «al momento non ci sono elementi che possano far pensare a problemi relativi alla sanità e per le coltivazioni vicine», rafforzando la sua tesi con i risultati delle «periodiche analisi idriche che non hanno riscontrato valori fuori norma». Nella vicenda il ruolo del Comune, proprietario dei terreni sotto sequestro, «è quello di parte lesa, in quanto tali aree sono in concessione al signor Enzo Paoli (con deliberazioni del consiglio comunale del 23 febbraio e del 4 maggio del 2009) a uso deposito per la durata di 8 anni, con scadenza alla fine del mese di agosto di quest’anno».
Nell’atto di concessione, ha spiegato il sindaco, è specificato che il Comune è indenne da ogni richiamo, anche giudiziario, per l’utilizzo dei terreni diversamente da quanto stabilito dalla concessione: «Questi fatti hanno danneggiato l’immagine del nostro Comune, da sempre impegnato in azioni volte alla salvaguardia e alla valorizzazione dell’ambiente con riconoscimenti come la Bandiera Blu e il marchio Emas». Alla fine delle indagini, l’amministrazione si è ripromessa di valutare «le misure da prendere nei confronti del privato con l’eventuale revoca della concessione e altre azioni a tutela dei danni materiali all’ambiente e d’immagine». Per quanto riguarda i fatti che hanno portato al sequestro delle aree in questione «sono ancora oggetto di indagine da parte delle autorità competenti che, dopo la segnalazione, stanno ancora effettuando i controlli del caso», ha concluso Schmidt.
Intanto, per quanto riguarda l'altro fronte ambientale aperto a Caldonazzo, in località Brenta, sono stati stanziati 30 mila euro nel DUP (il Documento Unico di Programmazione triennale per gli anni 2017-2019 che ha sostituito i vecchi bilanci di previsione) per ulteriori indagini alla condotta delle acque bianche che, costruita nel 1965 con l’autorizzazione e la supervisione della Provincia, attraversa tutto il paese a partire da via delle Polla nei pressi del Castello, e sfocia nel fiume Brenta: i recenti sversamenti di liquami e la moria di pesci, infatti, hanno fatto scattare un campanello di allarme tale che «prima di Natale abbiamo chiesto un contributo alla Provincia con un verbale di somma urgenza per individuare la fonte del problema, ma non ci è stato concesso. Abbiamo fatto 800 verifiche in 5 anni e anche una video-ispezione ma senza alcun risultato», ha spiegato il sindaco Schmidt.