Mezzano perde al Tar: bonifica dell'ex Cemin a spese del Comune
La curatela fallimentare dell’ex Cemin Legnami Primiero non dovrà rimuovere l’amianto deteriorato che ricopre l’azienda. Il Tar di Trento ha infatti accolto il ricorso presentato dalla curatrice Cristina Odorizzi contro il Comune, che il 1° giugno 2016 aveva emesso un’ordinanza urgente per intimare la bonifica dell’intera area (4.000 mq) in località Giare, fissando un termine di 120 giorni per l’adempimento.
Il sindaco Ferdinando Orler aveva già ordinato il 3 aprile 2015 la rimozione dello stato di pericolo per l’area esterna all’edificio mediante un intervento di bonifica e messa in sicurezza della copertura, la bonifica definitiva dell’intero sito e l’esecuzione di tutte le opere edilizie necessarie a garantire lo stato minimo di sicurezza dell’immobile in relazione ai rischi dallo stesso derivanti a persone e cose. Il provvedimento però non era stato eseguito e così il sindaco aveva agito d’ufficio, disponendo la rimozione dei pezzi di amianto volati via dal tetto. Un intervento che era poi stato rimborsato dalla curatrice dell’ex Cemin, su autorizzazione del giudice delegato al fallimento: ma si trattava di 1.830 euro di spesa, «bruscolini».
Quando alla dottoressa Odorizzi è arrivato il preventivo dei lavori di bonifica totale (pari a 211.610 euro), l’atteggiamento è cambiato. E nonostante il 25 settembre 2015 il Dipartimento di prevenzione dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari comunicasse che l’indice di degrado era pari al coefficiente di 60 e la percentuale dei danni dell’immobile fosse superiore al 10%, stabilendo in 12 mesi il termine delle operazioni, la curatrice si è rifiutata di eseguire le ordinanze comunali emesse prima il 12 ottobre 2015 (bonifica entro 60 giorni), poi il 1° giugno 2016.
È su questo atto che è scattato il ricorso, sulla base in sostanza di due presupposti: primo, che l’ordine di bonifica riguardasse un’attività estranea e antecedente alla dichiarazione di fallimento, non riconducibile al curatore fallimentare, non autorizzato - nella fattispecie in esame - all’esercizio provvisorio dell’impresa. La curatela fallimentare, insomma, secondo il ricorso non poteva essere destinataria di ordinanze sindacali dirette alla bonifica di siti inquinati, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell’impresa fallita.
Il secondo rilievo riguardava poi il fatto che, a fronte dell’inottemperanza del soggetto intimato (il titolare Antonio Cemin) con le prime ordinanze, la pubblica amministrazione avrebbe dovuto provvedere d’ufficio ponendo poi le spese a carico del destinatario dell’ordine non eseguito, e non nei confronti del curatore del fallimento. Inoltre, veniva contestato il ritardo nell’azione del Comune in materia e il fatto la curatela non avesse abbastanza soldi per i lavori di bonifica disponendo solo dell’attivo derivante dalla ipotetica vendita degli immobili, peraltro oggetto di separata procedura esecutiva, promossa e partecipata dai creditori ipotecari.
I giudici del Tar, dopo aver respinto l’anno scorso la richiesta di sospensiva dell’ordinanza, nel merito hanno accolto invece tutte queste argomentazioni, annullando l’atto firmato da Orler. L’effetto immediato della sentenza è che la spesa per la rimozione ricadrà ora sul Comune, dunque sulla collettività.
«Non pensiamo di ricorrere al Consiglio di Stato - spiega il sindaco Ferdinando Orler - perché leggendo la sentenza del Tar non ci pare che ci siano molti spiragli. Vogliamo inoltre risolvere il problema una volta per tutte. Quindi dovremo chiedere un nuovo preventivo perché quello prodotto dalla curatrice (211mila euro, ndr) prevedeva anche la posa di un nuovo tetto, che non ci compete. Faremo rimuovere e smaltire solo la copertura in eternit, ma la spesa si aggira comunque intorno ai 100-120mila euro. Servirà perciò una variazione al bilancio».
Insomma, alla fine il costo della bonifica di un edificio privato se lo accolla il pubblico, ossia i cittadini?
«Sì, ma almeno la legge ci consente di apporre un privilegio sull’immobile e cercare di recuperare i soldi. Ci vorranno anni, però, e non so se riusciremo ad avere indietro tutto».
La Provincia può intervenire a sostegno del Comune per questa operazione? «Lo spero: vedrò l’assessore Carlo Daldoss e proverò a capire se c’è la possibilità di attingere almeno al Fondo di riserva».