Daniele e Ginetta scendono a valle, dopo 39 anni al rifugio Boz

di Andrea Orsolin

Daniele e Ginetta scendono a valle, questa volta per sempre. «Il Boz non sarà più lo stesso senza di loro» affermano i clienti più affezionati, diventati amici da ritrovare ogni estate in quel rifugio nella conca ai piedi del Sass de Mur, a quota 1718 metri sul gruppo del Cimonega, punto di partenza (o di arrivo) per la traversata delle Vette Feltrine, luogo strategico e centrale anche per la traversata da Passo Cereda a Croce d’Aune.

Un’avventura lunga 39 anni, ricca di emozioni, fatiche e aneddoti, ora diventati ricordi di una vita. «Prima o poi dovevamo prendere questa decisione - dicono Daniele Castellaz e Ginetta Spada, 63 anni tutti e due, di casa a Feltre - La forza e l’entusiasmo di una volta non ci sono più, è stata una decisione molto sofferta, ma è la cosa giusta da fare. Ancora poco tempo e poi saremo in pensione».

Di proprietà del Comune di Mezzano, ma situato sul territorio catastale di Cesiomaggiore, in territorio bellunese, il rifugio Boz si raggiunge dopo un’ora e mezza di camminata dalla val Noana oppure, sul lato feltrino, dalla Val Canzoi.
Proprio questo è stato il percorso che Daniele ha compiuto per la prima volta nel 1976, quando tutta la storia è cominciata. «Avevo 19 anni, finita la scuola io e un mio amico abbiamo preso in gestione il rifugio - racconta Daniele - Abbiamo vissuto lì la nostra gioventù, venivano a trovarci ragazze e amici, e proprio al Boz ho conosciuto la mia futura moglie Ginetta. Ci siamo ritornati assieme nel 1982 per l’inizio di una lunga avventura che, ad un certo punto, ci siamo resi conto è stata una scelta di vita. Senza di lei, da solo, non ce l’avrei mai fatta».
Estate dopo estate il legame con quel luogo si è fatto sempre più forte, cementato dal rapporto speciale creatosi con tanti fedeli clienti, diventati con il tempo amici. «Abbiamo improntato la gestione ad un livello familiare, abbiamo sempre cercato di far sentire le persone a loro agio, ricevendo in cambio grandi apprezzamenti. È questo il ricordo più bello che ci rimane di questa avventura, la soddisfazione che ci hanno regalato i tanti ospiti che sono venuti a trovarci. Cosa ci mancherà di più? Il Boz, un posto per noi speciale, e il legame con le persone che lo hanno frequentato».

Dai primi anni ottanta al 2020 sono cambiati radicalmente sia il lavoro che il modo di concepire la montagna. «A cambiare è stato innanzitutto il sistema di muoversi in montagna. Una volta il rifugio era punto di riferimento come luogo di partenza per fare escursioni e arrampicate. Nel nostro caso, ad esempio, punto di appoggio per l’Alta via numero due “delle leggende”, una delle grandi traversate dolomitiche. Ora il rifugio è più una meta per mangiare e poi tornare a valle. Sono cambiati anche gli orari: una volta si saliva presto, ora ci sono persone che arrivano nel pomeriggio». Alla fine del percorso Daniele e Ginetta si guardano indietro e sentono il bisogno di ringraziare tutti coloro con i quali hanno condiviso la loro vita in montagna. «Il pensiero va a tutti gli escursionisti che sono venuti a trovarci, ospiti e amici, a tutti quelli che hanno lavorato con noi in questi anni, sostenendoci manualmente nella conduzione del rifugio. A livello istituzionale un grazie va rivolto al Cai di Feltre e a tutti i soci volontari che insieme al Comune hanno eseguito i lavori di ristrutturazione, al Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi (in cui il rifugio si trova, ndr) che quest’anno ha cofinanziato l’investimento sull’impianto fotovoltaico che ha consentito di ridurre quasi a zero l’uso del generatore, alle amministrazioni comunali di Cesiomaggiore e di Mezzano».
Il Boz e l’Alta via «delle leggende» ricambiano, due pezzi della loro anima salutano per sempre.

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