Cazzolli in pensione una vita per le donne
Chirurgo all'ospedale Santa Chiara, nei suoi 40 anni di servizio ha operato 4.000 pazienti affette da tumore al seno
Ci sono medici che i pazienti non dimenticano: perché sono competenti, ma anche perché nel lavoro ci mettono il cuore. Daniela Cazzolli, fino a pochi mesi fa chirurgo al S. Chiara di Trento, è sicuramente una di questi. «Il chirurgo delle donne», così è conosciuta per i suoi 4 mila interventi effettuati su donne alle quali era stato diagnosticato un tumore al seno. Con 45 anni di anzianità e 40 di servizio attivo ora Daniela Cazzolli è in pensione anche se il suo telefono di casa, il cui numero volutamente è pubblico affinché chi ha bisogno di lei la possa ancora trovare con facilità, continua a suonare. «Chiedono consigli, conferme, indicazioni - dice - Qualcuno chiama anche per salutare perché devo dire che le dimostrazioni d'affetto delle mie pazienti sono ancora tantissime».
Dottoressa Cazzolli, come nasce la sua passione per la chirurgia. Quando lei ha iniziato quella del chirurgo non era certo una professione femminile?
Io da piccola operavo le bambole perché ero curiosa di sapere come erano fatte dentro. Da sempre ho voluto fare il chirurgo anche se i miei genitori hanno cercato in ogni modo di farmi cambiare idea. Mio padre voleva che facessi la pediatra e mia madre mi spingeva verso la ginecologia. Io però sono stata determinata nel raggiungere il mio obiettivo.
Raggiunto l'obiettivo, però, non è stato facile lavorare in un ambiente maschile e soprattutto essere anche moglie e mamma di tre figli.
C'è stato anche un primario che appena arrivato mi invitò a rassegnare le dimissioni credendo che non sarei mai riuscita a conciliare lavoro e famiglia. Invece poi anche lui, come gli altri che ho avuto, si è ricreduto. Anzi, devo ringraziarli tutti i primari perché hanno compreso la mia passione e mi hanno dato il bisturi in mano in anni nei quali le donne venivano tenute spesso fuori dalle sale operatorie.
Tornando alla famiglia, come ha fatto a conciliare ore in sala operatoria con gli impegni familiari?
Io sono stata molto aiutata dalla famiglia, da mia mamma soprattutto, e ho sempre avuto in casa persone fidate. Certo mi sono persa tante festine dell'asilo o recite a scuola, e alle udienze è sempre andato mio marito, ma quando era necessario ci sono sempre stata. Ma ci vuole umiltà, bisogna saper chiedere aiuto e anche le donne ce la possono fare.
Nessun senso di colpa ora che i figli sono grandi e lei è in pensione?
A volte i miei figli vorrebbero farmeli venire, ma sono bravi ragazzi e hanno capito l'importanza che ha sempre avuto per me il lavoro. Tutt'oggi rifarei tutto quello che ho fatto. Quando si sceglie un qualcosa per passione si supera tutto e si va felici al lavoro.
Lei ha lavorato un anno a Milano, poi è tornata a Trento e si è occupata prevalentemente di tumori al seno? Come mai questa scelta?
All'inizio occuparmi delle donne non è stata una scelta. Io amavo la chirurgia d'urgenza, ma sono state le donne a iniziare a chiedere di me. Si fidavano, si confidavano, trovano più facile parlare con una persona dello stesso sesso. E poi è stato un continuo aumento di casi e pazienti.
Oggi, con gli esami e la prevenzione, immagino che arrivino in sala operatoria tumori diversi da quelli di vent'anni fa?
Purtroppo anche adesso arrivano tumori al seno in fase avanzata. Forse meno di una volta ma arrivano. Colpa della paura. Sembra impossibile ma anche le persone colte a volte preferiscono non vedere e non farsi visitare e così arrivano con i seni ulcerati. Sbagliano le donne ad avere paura e, quando sono ammalate, a credere che non ci sia nulla da fare. Sbagliano le giovani a non fare l'autopalpazione e quelle più in là con gli anni a non aderire agli screening.
Oggi si parla tanto di prevenzione. E dal punto di vista della terapia quale è la situazione a Trento?
È giusto investire sulla prevenzione ma per quanto riguarda la terapia bisogna velocizzare i tempi della terapia chirurgica e aumentare il numero di sale operatorie. Non è possibile che le donne, dopo una diagnosi di tumore al seno, debbano aspettare un mese o più per essere operate. Le liste d'attesa sono ancora troppo lunghe. Dal punto di vista biologico non si crea un danno ma l'attesa è rilevante dal punto di vista dello stress. Ci sono persone, alcune che già soffrono d'ansia, che dopo una diagnosi smettono di vivere e stanno incollate al telefono in attesa della telefonata che tarda ad arrivare.
Per anni si è parlato di Breast Unit a Trento poi in realtà non è stata mai creata. Visto l'alto numero degli interventi perché poi il progetto è naufragato.
La Breast Unit c'è solo sulla carta. A Bolzano ce ne sono addirittura due e hanno metà dei nostri casi di tumore. A Trento io ero a capo di una struttura semplice dipartimentale ma senza una effettiva autonomia.
Ed ora che è in pensione cosa farà?
A grande richiesta andrò con l'amico chirurgo maxillo facciale specializzato in chirurgia plastica e medicina estetica, Hanns Deetjen, che ha già uno studio a Merano e Bolzano e ora lo aprirà anche a Trento, in via Brennero. Avrò un ambulatorio chirugico dove potrò seguire le mie pazienti ma mi occuperò anche di chirurgia estetica.
Un bel salto dai tumori alla bellezza.
Dopo una vita tra i malati oncologici è bello anche cambiare, anche se per le mie pazienti ci sarò sempre. A me fa piacere sentire tante persone che si ricordano di me. Le «mie» donne mi sono affezionate e io lo sono a loro, e quando mi incontrano, anziché fare le corna e cambiare strada, mi abbracciano. Io sono legata ad un periodo non particolarmente bello della loro vita eppure riescono a pensare a me come a una persona che ha dato loro anche serenità e con tante siamo diventate anche amiche. Io ho lavorato tanto per le donne e ne sono felice.
E ai giovani chirurghi, uomini e donne, cosa si sente di consigliare?
Di mettersi nei panni degli ammalati e pensare a come vorrebbero essere trattati loro stessi o la loro moglie. A quel punto tutto è semplice. Io purtroppo ho avuto alcuni familiari ammalati di tumore al seno e quindi capisco perfettamente quanto il momento può essere difficile e quanto sia importante avere persone in grado di dare anche parole di conforto.