Lavoro / Dati

Imprese senza personale in Trentino? Ma quasi tutte le offerte sono solo nel turismo, pagate poco e stagionali

Lo studio della Camera di Commercio fa chiarezza su molti aspetti: difficile trovare manodopera specializzata e dirigenziale, ma l’offerta è «povera»

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di Daniele Battistel

TRENTO. Il mondo delle imprese ha fame di lavoro. E questo è ovviamente un dato positivo. Ci sono però due criticità: è sempre più complicato trovare da mangiare (tradotto: l'offerta di lavoro sembra più scarsa della domanda), ma soprattutto la qualità di cibo cercata è più da fast food (con tutto il rispetto) che non da ristorante stellato. E questo significa che anche la contropartita economica (leggi: stipendio) è relativa.

Possiamo sintetizzarlo con una metafora comprensibile a tutti il report pubblicato ieri dalla Camera di commercio di Trento che riporta i risultati del Progetto Excelsior - realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del lavoro e con l'Ue - i fabbisogni occupazionali delle imprese trentine nel 2024.Il fabbisogno.

Dall'indagine emerge come le previsioni di assunzione siano state più alte degli anni passati, 81.430 unità, con un incremento di 800 sul 2023, di ben 9.140 rispetto al 2021 e addirittura di 12.910 sul 2019. È bene precisare che questo dato fotografa i fabbisogni di personale sui 12 mesi.

Il numero di assunzioni è altra cosa perché certifica il numero di contratti firmati: per un posto di lavoro nel corso dell'anno possono essere firmati più contratti (pensiamo agli insegnanti precari, alle sostituzioni a tempo, alle modalità di assunzione/licenziamento di certe cooperative).

In un ambito a traino turistico come quello trentino, oltre un terzo delle richieste (34mila) riguarda il comparto ricettivo e della ristorazione, che certo offre contratti ma - come dicono i sindacati - è espressione di "lavoro povero" sia in termini economici che di durata. A seguire commercio (9.710), sanità (5.790) e filiera delle costruzioni (5.670).

Analizzando il fabbisogno di personale dal punto di vista dei settori, la richiesta maggiore (34.030) riguarda lavori qualificati ne commercio e nei servizi. Seguono lavori generici in particolare nei servizi di pulizia (11.590) e tra gli operai specializzati (8.300).

Nell'elenco anche 3.710 richieste di "dirigenti, professioni intellettuali e con elevata specializzazione", 1.470 docenti e 540 ingegneri.

Il precariato. Il prevalere dei lavori in ambito turistico (per forza di cosa a carattere stagionale) fa aumentare, anche rispetto ad altri territorio, il livello di precarietà. I contratti a tempo determinato rappresentano infatti il 70,9 per cento. Quelli a tempo indeterminato sono l'11,2 per cento, inferiore rispetto al livello nazionale (18,6%) e all'Alto Adige (24%).

L'offerta manca. L'altro dato che emerge riguarda la difficoltà di reperimento dei lavoratori. Dall'indagine risulta che in Trentino il 56,5 per cento dei fabbisogni è difficile da soddisfare. Si tratta di un dato superiore rispetto a quello registrato a livello nazionale (47,8%) e in aumento di oltre 30 punti sul 2019.

Questa grave difficoltà dipende per il 40 per cento dalla pura e semplice "mancanza di candidati". Per il 12,1 per cento c'è anche una questione di "preparazione inadeguata" rispetto alle esigenze del datore di lavoro.

A livello di settori la merce più rara sembra quella degli operai specializzati, che nel 72,7 per cento dei casi risulta complicato da reperire. Criticità anche per le figure dirigenziali e le funzioni ad elevata specializzazione (65,7%), le professioni tecniche (61,3%).

Quel che stupisce (e che meglio di altro rende la questione) è che anche un posto su due per professioni non qualificate è difficile da reperire. «Siamo di fronte ad un problema che sta mettendo a dura prova le imprese e incide negativamente sulla produttività - dice il presidente della Camera Andrea De Zordo -. Si tratta di un fenomeno complesso, influenzato dal ciclo economico, ma anche da fattori demografici, sociali e culturali, che dobbiamo continuare ad analizzare».

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