Il muflone non conosce il lupo, che se lo mangia. Ma sono le "mangiatoie" dei cacciatori a fare da trappola
I risultati di una ricerca del Muse e dell’Associazione Cacciatori, l’ungulato importato in Trentino è passato da 720 capi a 167, e rischia di scomparire: «il foraggiamento va ripensato, e lontano dalle case»
BILANCIO Danni di orsi e lupi
TRENTO. C’è un dato eclatante che riguarda la presenza del lupo in Trentino. Riguarda la Val di Fassa. Ed il muflone in particolare. Il lupo è tornato a ricolonizzare la valle tra il 2016 e il 2017. Allora, si formò il primo branco di tre esemplari. Dal 2021, si è affermato un secondo branco (formatosi nel gruppo del Latermar) con un numero massimo di sette individui.
Sono aumentate le predazioni, naturalmente. Ed ecco il numero che fa riflettere, relativo alla popolazione di mufloni: erano 720 quelli stimati nel 2018, nel 2021 erano più che dimezzati, 349, E nel 2022 sono scesi a 167: un crollo del 77%. Sono dati del Servizio faunistico della Provincia riportati nel primo studio in Italia che ha analizzato il grado di frequentazione dei siti di foraggiamento artificiale per ungulati da parte del lupo. Lo studio di cui è stato da poco pubblicato il primo report, è stato realizzato sul campo tra metà gennaio e metà marzo 2022 e si è concentrato sulla val di Fassa.
È importante per più motivi. Due, su tutti. Primo: è frutto della collaborazione, non scontata, non automatica, tra Muse, il Museo delle scienze, e Associazione cacciatori trentini (Act). Secondo: fornisce alcune prime indicazioni, che potranno in futuro tradursi in scelte gestionali anche ai fini di una migliore convivenza con il grande carnivoro.
Per il Muse, sono stati protagonisti i ricercatori Giulia Bombieri (che ha coordinato, per il Trentino, la campagna nazionale di monitoraggio del lupo), Marco Salvatori e Luca Roner; per l’Act, Marco Mura ed Enrico Ferraro. Per la raccolta dei dati in valle, sono stati inoltre coinvolti Luca Fedrizzi, Gianluca Groff e Fabio Zeni della Stazione forestale di Fassa, Michele Chiocchetti, Renzo Pellegrin e Daniele Vadagnini della Gestione forestale associata Rosengarten di Sen Jean, Marco Trentin e Mariano Valentini, guardiacaccia Act del distretto di Fiemme e Fassa. E, come supporto e revisione critico dello studio, c’è stato l’apporto di Alessandro Brugnoli, direttore tecnico di Act che ha studiato la presenza del muflone in valle a partire dalla prima immissione, nel 1971.
Oltre la percezione e la conta a spanne delle predazioni, lo studio, che continua, voleva e vuole misurare gli effetti della presenza di questi “ristoranti gratuiti all’aperto”, capire se i siti di alimentazione artificiale per ungulati possono diventare dei punti di attrazione per il predatore. Perché il lupo è intelligente, e i siti di foraggiamento sono, ricorda lo studio, «aree di concentrazione di prede altamente prevedibili nello spazio e nel tempo».
Problema ulteriore: i siti di foraggiamento artificiale si trovano anche in prossimità di luoghi frequentati o abitati da persone. A maggior ragione, quindi, è utile verificare quanto siano frequentati dai lupi. Lo studio ha indagato 28 siti; 14 di foraggiamento artificiale e 14 di controllo, privi di mangiatoie. Il foraggiamento a scopo venatorio ha un obiettivo; massimizzare la sopravvivenza della fauna cacciabile. Ma è una pratica sconsigliata da Ispra (Ministro) per le modifiche all’habitat, per la maggiore competizione tra specie e individui, per il rischio malattie.
Attraverso le fototrappole, sono state scattate 33.501 foto, tutte da analizzare. Ha pesato il fatto che si è trattato di un inverno scarso di neve. Ma un dato emerge: presso i siti di foraggiamento con il fieno è stato raccolto un numero maggiore di indici di presenza (fatte, tracce, predazioni) del lupo rispetto ai siti di controllo.
Domanda: il crollo del numero dei mufloni è causato dal lupo e ne anticipa l’estinzione futura? «Bisogna studiare le predazioni più in profondità, cosa difficile» risponde Giulia Bombieri «ma probabilmente sì, il lupo è un fattore importante in questo crollo. Nell’inverno precedente, con più neve, ci furono tante predazioni presso i siti di foraggiamento. E il muflone, nella neve, si muove con più difficoltà, mentre il lupo è più agile».
Marco Locatin, consigliere dell’Act per il distretto di Fassa (in valle sono poco più di 200 i cacciatori), commenta: «È uno studio importante, che ci fa capire tante cose. I siti di foraggiamento agevolano abbastanza le predazioni, soprattutto di muflone. Quest’anno c’è un calo ulteriore delle assegnazioni, per salvaguardare la specie. Che, a mio avviso, è a rischio di estinzione».
Il foraggiamento va eliminato? «No, si aggraverebbero gli effetti degli ungulati sul rinnovo forestale. Ma va cambiato, sparpagliato su più punti, Anni fa, con foraggiamento quasi zero, il muflone soffrì parecchio in inverno».