C’è la firma trentina sul farmaco anti Covid
Andrea Angheben, medico roveretano, è il responsabile del reparto del Dipartimento di Malattie Infettive di Negrar: «Risultati esaltanti, possibile svolta»
TRENTO. La speranza è che sia la svolta: potrebbe esserci un farmaco che può curare le forme più gravi del Covid. E la firma, l’impegno in prima linea, l’aiuto fondamentale nella ricerca arriva anche dal Trentino. L’infettivologo Andrea Angheben, responsabile del reparto del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’ospedale di Negrar, a Verona, è infatti nato a Rovereto.
Uno studio internazionale, a cui ha partecipato anche il medico trentino, ha detto che il farmaco biologico “anakinra” riduce drasticamente il ricovero in Terapia intensiva e i decessi per insufficienza respiratoria grave.
«I risultati sono particolarmente esaltanti - racconta soddisfatto il medico -, ho potuto constatare di persona che alcuni pazienti clinicamente destinati ad essere intubati mostravano un rapido e inaspettato miglioramento a poche ore dalla somministrazione del farmaco sperimentale».
Lo studio è stato condotto su 594 pazienti ricoverati per polmonite e vede come principale investigatore Evangelos J. Giamarellos-Bourboulis, professore dell’Università di Atene, che ha coordinato 37 ospedali, tra cui 8 italiani a loro volta coordinati dall’Istituto Spallanzani di Roma. Il “Sacro Cuore Don Calabria” di Negrar è tra i centri in Italia che ha arruolato il maggior numero di pazienti (15).
«Lo studio ha dimostrato che la somministrazione precoce dell’anakinra riduce del 55% la mortalità e del 64% il rischio di morte o la necessità di ricovero in Terapia intensiva per la progressione della polmonite in insufficienza respiratoria grave valutati al 28mo giorno», prosegue il dottor Angheben, che ha seguito in prima persona la ricerca.
«Pur essendo all’oscuro su chi riceveva il farmaco rispetto al placebo, ho potuto constatare di persona che alcuni pazienti clinicamente destinati al ricovero in Rianimazione mostravano un rapido ed inaspettato miglioramento a poche ore dalla somministrazione del farmaco sperimentale».
La “medicina miracolosa”, finora usata soprattutto per la cura dell’artrite reumatoide, si è dimostrata capace di ridurre drasticamente i peggioramenti da Covid.
I risultati del trial “Save more” (tecnicamente: di Fase III, randomizzato e in doppio cieco) sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Medicine e l’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) ha iniziato il procedimento di valutazione per estendere le indicazioni dell’anakinra al Covid-19.
«Sappiamo che i danni maggiori causati dal Covid - aggiunge il medico trentino - sono dovuti all’infiammazione (la “famosa tempesta citochinica”) che paradossalmente il nostro sistema immunitario provoca reagendo in maniera incontrollata al virus. L’infiammazione è un processo mediato dalle interleuchine. Infatti fin dall’esordio del Covid sono nate molte ricerche su farmaci inibitori dell’infiammazione, come il tocilizumab attualmente indicato nel trattamento del virus. L’anakinra va ad agire su un’interleuchina molto importante, la 1-alfa e 1-beta, bloccandola e quindi arrestando la cascata infiammatoria».
Una caratteristica fondamentale, quest’ultima, «perché la riduzione dell’infiammazione comporta anche la riduzione della risposta immunitaria e quindi espone il soggetto già colpito da polmonite o intubato a sovrainfezioni. Cosa che invece può accadere con altri farmaci simili, come il tocilizumab. Lo studio infatti non ha rilevato un numero maggiore di infezioni in coloro che hanno assunto il farmaco, rispetto ai pazienti nel braccio di controllo con placebo. Ci troviamo pertanto di fronte ad un farmaco oltre che efficace, anche sicuro».
Ma l’anakinra non avrebbe la stessa efficacia se non venisse somministrato al momento giusto.
«La clinica ci ha insegnato fin dall’inizio che l’infiammazione può essere contrastata solo somministrando tempestivamente i farmaci di cui disponevamo, in primis il cortisone. Grazie a questo studio ora sappiamo quantificare l’avverbio “tempestivamente”».