Lo scorso anno 4,5 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi: Trentino tra le realtà virtuose
La ricerca del Cnel. L'analisi territoriale evidenzia significative disparità: la quota più alta di rinuncia si registra al Centro (8,8%), mentre nel Mezzogiorno è pari al 7,7% e al Nord al 7,1%. Il dato più critico si registra in Sardegna con un valore pari al 13,7%, seguita dalle Marche (9,7%)
TRENTO. Il quadro della sanità italiana mostra sempre più segnali preoccupanti, con un numero crescente di cittadini che rinunciano alle cure mediche. Secondo i dati rilasciati dal Cnel nella Relazione 2024 sui servizi pubblici, nel 2023 circa 4,5 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie, segnando un preoccupante 7,6% della popolazione, in aumento rispetto al 7% del 2022 e al 6,3% del 2019.
L'analisi territoriale evidenzia significative disparità: la quota più alta di rinuncia si registra al Centro (8,8%), mentre nel Mezzogiorno è pari al 7,7% e al Nord al 7,1%. Il dato più critico si registra in Sardegna con un valore pari al 13,7%, seguita dalle Marche (9,7%).
In questo scenario, emergono alcune realtà virtuose: la Provincia Autonoma di Trento, insieme a Bolzano, il Friuli-Venezia Giulia, l'Emilia Romagna, la Toscana e la Campania si distinguono positivamente, con valori di rinuncia alle cure inferiori al 6%.
Il fenomeno colpisce particolarmente la fascia d'età tra i 55 e i 59 anni, con un picco dell'11,1% di rinunce, mentre si mantiene relativamente contenuto tra i più giovani (1,3% fino ai 13 anni). Significativo il divario di genere, con le donne (9%) più penalizzate rispetto agli uomini (6,2%).
L'analisi delle cause rivela un quadro complesso: mentre le rinunce per motivi economici sono rimaste stabili tra il 2019 (4,3%) e il 2023 (4,2%), preoccupa l'aumento delle rinunce dovute alle liste d'attesa, passate dal 2,8% nel 2019 al 4,5% nel 2023.
La pandemia ha rappresentato un momento di particolare criticità: nel 2021 l'11% degli italiani aveva rinunciato alle cure per cause legate al Covid-19. Questo dato si è progressivamente ridotto fino a quasi azzerarsi nel 2023 (0,1%), ma ha lasciato emergere le criticità strutturali preesistenti del sistema sanitario nazionale.