Da Spiazzo a New York L'emigrante di 26 anni

Andrea Alimonta , di Spiazzo, che di anni ora ne ha 26 e, per dirla con le sue parole, due anni fa decise di «mordere la grande mela». Dopo il diploma di perito chimico all'Iti Buonarroti di Trento, si trasferì a Genova, dove «iniziai a lavorare nel più famoso locale della città, diventandone in poco tempo il responsabile»

di Giuliano Beltrami

alimontaVAL RENDENA - Eh, il mondo! Serve dire quanto è cambiato anche qui, fra le braccia del Brenta e dell'Adamello? Un tempo dalla Rendena si partiva con la «slaifera», oggi basta un ipad. A proposito, forse non tutti sanno cos'è l'ipad, ma probabilmente fra i giovani rendeneri è sconosciuta anche la «slaifera». E pensare che dietro a quella carriola con la mola dell'arrotino molti rendeneri hanno fatto fatiche da bestie per le vie dell'Europa e dell'America.


Un tempo il mare lo attraversavi con settimane di vapore, oggi in poche ore di aereo. Un tempo lasciavi affetti e paese per necessità, per fame; oggi, come dice un ragazzo rendenero, «ho scelto New York per un'ispirazione, più che per un'idea. Sentivo l'esigenza di allargare i miei orizzonti, di non arrendermi al fatto che a 22 o 23 anni la mia vita fosse già arrivata all'apice».


A raccontare è Andrea Alimonta , di Spiazzo, che di anni ora ne ha 26 e, per dirla con le sue parole, due anni fa decise di «mordere la grande mela». Dopo il diploma di perito chimico all'Iti Buonarroti di Trento, si trasferì a Genova, dove «iniziai a lavorare nel più famoso locale della città, diventandone in poco tempo il responsabile».


Giornate di lavoro e di studio. «Frequentavo scuole di american bartending a Genova e Milano; seguivo master sulla mixology e sul bar-management. Partecipai a numerose competizioni nazionali, finché aprii il mio locale in città: un club in pieno centro storico dove affiancavo opere d'arte e musica house. Uno show-room moderno con dj-set e open bar».


Se una cosa non fa difetto ad Andrea è lo spirito di iniziativa, tant'è che prima si spostò in riviera, poi cominciò a collaborare con alcune scuole barman. «Tenevo corsi e prestavo consulenze per privati ed aziende. Finché diventai direttore marketing di Bar.it. Insieme a Jorge Alberto Sorati e Vladimiro Foddi fui nominato giudice tecnico nelle competizioni organizzate da questa società».
E New York? Ecco l'ispirazione, sempre per via del vestito che sta troppo stretto. «Ho avuto la fortuna di collaborare con una delle più grandi scuole di american bartending», sostiene. E a questo punto bisogna svelare che quel termine significa gestione del bar, più inteso come discoteca che come caffetteria. «Non conoscevo nessuno: ero l'insignificante uno su 8 milioni». Non mancano le «peripezie», come le chiama Andrea, che comunque si dice soddisfatto. «Sto facendo investimenti; comprerò un coffee shop».


Diresti, uno che guarda solo avanti. Invece no, perché i sentimenti non cambiano. Chi ha assistito al concerto di un coro trentino davanti ai nostri emigranti avrà visto fazzoletti uscire ad asciugare lacrime di dolorosa nostalgia.


Anche Andrea ha i suoi momenti di magone. «Sì - conferma - perché mi manca molto il mio paese, le mie abitudini, la mia gente. Mi manca l'odore del bosco, il sapore di terra che ha l'aria dopo un temporale, il rumore del mio Sarca o dei corvi che in autunno lasciano cadere le noci sulla strada per farle aprire. Mi manca il suono delle campane della mia chiesa; mi manca la curiosità della gente nel sentire un'ambulanza passare a sirene accese; mi manca il "Valentino" (bar Gioiello) che mi prepara il solito caffè sin da quando avevo 16 anni; mi mancano i bambini che giocano a nascondino in piazza, la sagra del paese e la segatura per strada a inizio estate, quando si taglia la legna. Mi mancano gli stessi visi tutti i giorni; mi manca la "comunella" al supermercato, mi manca il lasciar le chiavi in macchina, mi manca la mia fontana, il silenzio delle nevicate e il freddo delle notti serene d'inverno».


Pure questa è dolorosa nostalgia? Lo spirito rimane inquieto. «Non è detto che resti a New York: potrei spostarmi a sud, verso Miami, o a ovest, verso Santa Barbara». Non ti starà mica stretta anche New York... «Le mie radici - risponde Andrea - non scendono mai troppo in profondità. Come diceva Frank Sinatra, "se puoi farcela qui, puoi farcela ovunque". Perciò mi tengo sempre aperta una possibilità».

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