Bassetti, omaggio a un grande trentino E Stella attacca Provincia e Schützen

di Renzo Maria Grosselli

Una festa col botto a Lasino. Anzi, con tre botti. Ma una bella festa, comunque.

Domenica scorsa, alle 10.30 del mattino, iniziava la cerimonia di inaugurazione del monumento dedicato, così come il piccolo parco all’imbocco del paese della Valle dei Laghi, a Domenico Bassetti. Fu un trentino, irredentista, che dove aver combattuto nella battaglia di Palestro nelle file franco piemontesi (guerra d’indipendenza italiana), non potendo rientrare in Trentino si arruolò nella Legione Straniera e, alla fine, aderì ad un progetto di colonizzazione francese della Kabilia algerina. Là si sposò con una donna francese ed ebbe dei figli, richiamando anche altri trentini (un Chisté di Lasino e dei Martinelli di valle di Non).

Questo nell’ultima parte degli anni ‘60 dell’Ottocento. Nel 1871 una rivolta anticolonialista dei kabili mise sotto assedio Palestro e le altre zone occupate dagli occidentali. Bassetti che era il capocomune, riuscì a far fuggire donne e bambini ma, alla fine, armi in pugno, 63 uomini furono trucidati compreso il nostro trentino.

I giornali francofoni della zona definirono il Bassetti «un grande eroe» e per lui venne eretto un monumento che lo effigiava.

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Sulla base della fotografia di quel monumento, l’editorialista del Corriere della Sera, e scrittore, Gian Antonio Stella (che più di una volta ha scritto di questa vicenda sul suo giornale) ha alla fine messo in piedi una iniziativa che ha portato alla riedizione di quel monumento, distrutto dai nazionalisti algerini quando la Francia abbandonò il loro Paese. Il tutto è stato possibile grazie al mecenatismo di Franco Masello e dei fratelli Xompero della Margraf, azienda vicentina, tra le eccellenze in Italia per la produzione del marmo. La stessa ha commissionato e pagato l’opera al maestro Enrico Pasquale.

Domenica la cerimonia: banda, discorso del sindaco, Eugenio Simonetti, discorso del sempre presente senatore Franco Panizza, lunghe letture di Mauro Neri e due signore della locale Filodrammatica. Poi il breve discorso di Gian Antonio Stella. Che è iniziato così: «È una vergogna che nessuna carica istituzionale della Provincia (era presente solo il consigliere valsuganotto Passamani) si sia presentata a questa cerimonia. Si sta parlando di un coraggioso emigrato trentino, buon italiano ed eroico emigrato. Forse che in questa terra si mira a valorizzare solo gli Schützen, con i loro pittoreschi vestiti?».

È una vergogna che non ci sia nessuno della Provincia! Forse si pensa solo agli Schützen...

In verità Stella ci è andato giù più, pur nella correttezza, anche un poco più duro. Brivido tra i presenti, vista la presenza del senatore Panizza che, evidentemente, subito ha chiesto di poter rispondere. Risposta in verità abbastanza moderata in cui veniva ricordato che il Trentino è stato citato anche dal presidente del presidente del consiglio Renzi al presidente russo Putin quale esempio di convivenza di costumi, lingua e culture e che comunque gli Schützen non  sono folclore ma rappresentano una parte importante della storia trentina.

Breve scambio, vivace, di idee, lontano dai microfoni tra Panizza e Stella e quindi scopertura della statua. Molto bella, traduzione italianizzata e abbellita di quel monumento che stava a Palestro (oggi Lakhdaria). Una splendida opera in un bel, nuovo parco.
Finalmente, prima del rinfresco e poi del pranzo offerto agli ospiti dal locale gruppo di «cuoche sociali», eco la benedizione della statua da parte del sacerdote, don Luigi Benedetti.

E, finale a sorpresa, altro momento di fiati sospesi: «Mi avete chiamato a benedire una statua in armi (in effetti Domenico Bassetti vi è raffigurato con il fucile in mano, mentre difende la sua gente) ed io non posso fare questo. Benedirò allora la statua di un nostro emigrato che all’estero si è duramente impegnato per dare nuova vita alla sua famiglia, alla sua gente». E si chiude col Padre Nostro una giornata frizzante, nel clima e nello svolgimento. Che comunque vede a pranzo trentini e veneti in un’atmosfera di assoluta allegria, ricordando un personaggio che ogni trentino dovrebbe, quale che sia la sua religione o il suo credo politico, ricordare come un uomo di coraggio e di iniziativa.

Un grande emigrato, quindi.

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