La denuncia in Val di Sole: «Nel mio prato cadevano uccelli morti, uccisi dal glifosato», e le analisi mandano in tilt i macchinari
L’incubo di un abitante che ha denunciato alla Procura, fra le vittime anche un raro picchio cenerino, e gli sono morte pure le piante. Ma per il pubblico ministero è solo un «getto pericoloso di cose»
VAL DI SOLE. «Dal cielo cadevano uccelli morti...». È una scena horror, eppure non è una fiction quella descritta da un abitante della valle di Sole che lamenta una contaminazione del terreno e - ancor più preoccupante - del suo orto. Ignoti avrebbero versato del diserbante, in particolare glifosato, sostanza che deve essere nebulizzata in limitata quantità sul fogliame e non va mai versato direttamente nel terreno. Invece il laboratorio incaricato di analizzare i campioni di terra prelevati nell'area inquinata ha scoperto che le quantità di glifosato presente nel suolo, un'area erbosa nel centro del paese, erano talmente elevate da mandare fuori scala la macchina del laboratorio.
Nel settembre dell'anno scorso la vicenda ha imboccato i binari della giustizia penale. Il proprietario dell'orto e di un'area verde attigua, per conto proprio e dei figli minorenni, ha presentato un esposto in cui denunciava come, da anni in estate, si assisteva ad una "misteriosa" moria di piante, erba ingiallita, uccelli morti.
Secondo il querelante, assistito dall'avvocato Marcello Paiar, era un inquinamento ambientale che avrebbe compromesso il delicato ecosistema, Questo con grave pericolo di avvelenamento anche delle falde acquifere. I sospetti sono caduti sui vicini di casa che però negavano, ammettendo solo di aver ripulito il vialetto dalle erbacce, ma utilizzando solo acqua e sale.
Anno dopo anno la situazione peggiorava, con il diserbante che andava a toccare un'area sempre maggiore. Il danneggiato chiedeva l'intervento del Corpo forestale. Gli uomini della forestale eseguivano un sopralluogo prelevando alcuni campioni di terreno, poi consegnati al laboratorio della Fondazione Edmund Mach di San Michele. L'analisi dava risultati sorprendenti: nei campioni veniva rilevata la presenza di glifosato in una percentuale talmente alta che la macchina utilizzata per l'analisi non riusciva a rilevare. Per avere la quantità esatta dei valori di diserbante presente nei campioni sarebbe stato necessario ritarare il macchinario.
La procura della Repubblica apriva un procedimento penale a carico di ignoti, ipotizzando il reato di «getto pericoloso di cose». Un titolo di reato che secondo l'avvocato Paiar, legale della parte lesa, non coglieva la gravità della situazione poiché di inquinamento ambientale si trattava vista la contaminazione dei terreni limitrofi.Il procedimento penale si chiudeva con una richiesta di archiviazione.
Il pubblico ministero non nega l'inquinamento dell'area a causa del glifosato, ma ritiene che non sia possibile individuare il responsabile del danno all'ambiente. All'archiviazione si oppone l'avvocato Paiar che chiede al giudice di disporre nuove indagini, questa volta approfondite e circostanziate. Secondo la parte offeso, l'abuso sconsiderato di glifosato immesso direttamente nel terreno avrebbe comportato un pericolo per la salute pubblica.
Per fortuna il querelante e la sua famiglia, temendo di venire intossicati, non hanno mangiato le verdure dell'orto.
L'azione del veleno è confermata dalla moria di piante: una betulla, un pruno, un sordo rosso, un cipresso, tre piante rampicanti che avevano una quarantina d'anni. Il veleno pare abbia conseguenze pesanti anche per la fauna: in paese cadevano dal cielo uccelli morti. Prima uno, poi due, poi tre ed altri. Non si poteva parlare di casualità, per questo la parte offesa ha iniziato a fotografare gli animali morti. Tra questi c'è anche un picchio cenerino, specie protetta in tutta Europa.
Anche il picchio sarebbe vittima del glifosato. Ora la parola è passata al giudice, chiamato a decidere se archiviare il procedimento per impossibilità di identificare il reo, oppure se ordinare la prosecuzione delle indagini andando a fondo della questione come chiede la parte lesa. Qualunque sia la decisione del Tribunale, questa vicenda dimostra che con i diserbanti, specialmente il glifosato, non ci si improvvisa.