Il biologo faunista Luca Rotelli: «Lotta al bostrico in Primiero, tutelando la fauna»
L’esperto chiede un cambio di rotta partendo da quanto accaduto all’arena del canto del gallo cedrone: «L’insetto, quando si procede al taglio, ha già abbandonato la pianta morta. Di fatto la raccolta degli esemplari secchi è solo una questione economica»
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PRIMIERO. La lotta al bostrico richiede un approccio globale, che tenga conto dell'aspetto forestale ed economico, ma anche di quello faunistico. Ne è convinto Luca Rotelli, biologo faunista, che in autunno aveva lanciato l'allarme, chiedendo di fermare gli interventi comunali di esbosco predisposti dall'Ufficio forestale distrettuale per eliminare le piante colpite dal bostrico nella zona di Pian del Termen, dove si trova una delle più importanti arene di canto del gallo cedrone.
Un appello che era stato accolto dal Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino e che aveva permesso di "salvare" il cuore dell'area frequentata dai tetraonidi (il Comune era stato indennizzato). Ma quella vicenda, sottolinea, deve essere l'occasione per pensare ad una maggiore sinergia fra enti territoriali.
A distanza di cinque mesi come è la situazione?
«L'ho tenuta monitorata. Fra ottobre e novembre sono stati fatti ulteriori tagli, in prossimità del cuore dell'arena. L'area vitale era di circa 9 ettari, ma di fatto l'accordo tra Parco e Comune è stato quello di preservare una superficie inferiore. Io avevo fatto presente che non aveva senso, a mio avviso, fare tutto intorno tabula rasa, perché il gallo cedrone è molto sensibile ai cambiamenti. Ma per conoscere il numero di esemplari maschi presenti su questa arena dovremo attendere i censimenti, fatti tra aprile e maggio».
Il sindaco aveva spiegato che il taglio delle piante era necessario per fermare la terribile epidemia di bostrico.
«Quando si vanno a recuperare le piante bostricate, sono ormai arrossate, appaiono secche e hanno perso gli aghi. L'insetto, quando si procede al taglio, ha già abbandonato la pianta morta. Di fatto la raccolta degli esemplari secchi, ai fini del contenimento dell'epidemia del bostrico, non ha nessuna funzione. È solo una questione di tipo economico: i proprietari dei boschi, giustamente, vogliono ottenere dei profitti. Piuttosto che far marcire in piedi gli alberi, cercano di recuperarli. Ma in condizioni normali il bosco si gestisce diversamente, vengono abbattuti solo un tot di metri cubi. La selvicoltura, anzi, è necessaria per mantenere la qualità di un habitat. L'ambiente del gallo cedrone, dal punto di vista dell'ecosistema e visivo, è il massimo che si possa avere sulle Alpi».
Come studioso ha visto un approccio diverso al problema del bostrico?
«In un convegno tenuto in Germania abbiamo visto come questa epidemia possa essere gestita diversamente. Sia nella Foresta nera che nel Parco della foresta bavarese, superfici estese sono state lasciate senza prelevare il legname bostricato. Semmai, se si chiede al proprietario di lasciare il legname, è giusto indennizzarlo. Quando il bostrico ha iniziato a manifestarsi, si sarebbe dovuto pensare a forme di indennizzo, al fine di lasciare in piedi certe aree, per risarcire i proprietari».
In questo caso il Parco ha indennizzato il Comune.
«Sì, ma questa vicenda ha messo in luce un problema legato alla mancata collaborazione tra enti che si occupano dello stesso territorio. E per arrivare a fare questo, servirebbero delle cartine di distribuzione della specie del gallo cedrone, con riportate aree di importanza fondamentale. Negli altri Paesi dell'arco alpino si fa così, solo da noi manca questa efficienza. Diciamo che l'esperienza del Primiero poteva rappresentare un progetto pilota, ma la mia è sembrata una richiesta fuori dal mondo».
Come fare convivere interessi diversi, senza che il richiamo al rispetto dell'ambiente sia percepito con insofferenza?
«Le polemiche non servono. Mi rendo conto che l'epidemia del bostrico è complessa, ma non si può gestire solo dal punto di vista forestale, senza pensare che il bosco è anche habitat di tante specie animali. Entrare in un bosco e fare tabula rasa, significa decretare la fine della specie. Questo è elementare. Dico anche che il sindaco, in questo caso, non è un tecnico e le indicazioni sono venute dalla Forestale. Aggiungo che, in una pianificazione corretta, questi ragionamenti andavano fatti prima: non si può organizzare il lavoro e poi accorgersi che lì c'è una delle arene di canto tra le più importanti del Trentino ed abbattere tutti gli alberi come fosse un bosco qualunque. Ripeto - e questo non vale solo per il gallo cedrone - il problema va affrontato dal punto di vista complessivo, dunque non solo forestale ma anche faunistico».