Idrologia / Fiumi

Diga del Vanoi, il Consorzio va avanti e punta alla "ipotesi C", che sarebbe tutta in territorio trentino

Nonostante il «no» ufficiale e ripetuto della Provincia Autonoma, l’ente progettista va avanti e accusa i montanari: «non si vuole rinunciare all’idea e all’auspicio di una solidarietà tra montagna e pianura»

di Gigi Zoppello

CANAL SAN BOVO. Avanti tutta con l’ipotesi progettuale C, ovvero una diga sul torrente Vanoi, ma più piccola e più arretrata nella Val Cortella, praticamente sotto il paese. Sono le conclusioni con cui il cda del Consorzio di Bonifica del Brenta – che è titolare del progetto – è giunto alla fine del percorso di «Dibattito pubblico» previsto dal Pnrr.

Annuncia il Consorzio: «Sono disponibili da oggi sullo spazio web (www.dp-serbatoiovanoi.it ed in parallelo sul sito internet del Consorzio, www.consorziobrenta.it) le conclusioni del Responsabile del Dibattito Pubblico e del Proponente, il Consorzio di bonifica Brenta, quale atto finale del procedimento. 
Ricevuta nei giorni scorsi la Relazione conclusiva da parte del Responsabile del Dibattito, l’ing. Gennaro Mosca, il Consorzio ha concluso l’iter del Dibattito sul DOCFAP (il Documento di Fattibilità delle Alternative Progettuali) del serbatoio del Vanoi, redigendo l’apposito Documento conclusivo».

Scrive il Consorzio: «Un percorso avviato con la redazione, da parte dei progettisti su finanziamento del Ministero delle Politiche agricole, del DOCFAP e la sua consegna al Consorzio il 14 giugno dello scorso anno per l’inizio, come da disposizioni di Legge, del Dibattito Pubblico (step cominciato a luglio con la fase preliminare e l’invito, nel principio del massimo coinvolgimento, di 185 soggetti). Di seguito la presentazione ai Media ed i successivi incontri in presenza (9, 10 e 16 settembre) e per allargare ulteriormente la partecipazione due incontri online (23 settembre e 14 ottobre). Numerose le osservazioni pervenute, sia durante gli incontri, sia per iscritto. A tutte è dato puntuale e specifico riscontro nel voluminoso Documento delle risposte, presentato il 12 dicembre e disponibile online. 
La Relazione conclusiva redatta dal Responsabile del Dibattito Pubblico, ing. Mosca, svolge una dettagliata disamina dell’intero Dibattito, entrando anche nel merito del Documento delle risposte e fornendo il suo parere al riguardo. Viene ritenuto che il Documento delle risposte sia esaustivo, specificando alcune tematiche che invece rimangono “aperte” (giustificatamente rinviate, peraltro, alla successiva fase di approfondimento progettuale)».

Ovviamente il Consorzio pur riconoscendo opacità e lacune, è stato bravissimo e limpidissimo, scrive lo stesso Consorzio citando il tecnico: «Sul tema Mosca puntualizza che “l’incompleta o assente trattazione di taluni contributi non appare connessa a una volontà omissiva e opaca del proponente, che invece ha profuso particolari energie nella elaborazione dei riscontri alle osservazioni, mostrando una piena e apprezzabile discloscure, ma all’indeterminatezza fisiologica della fase progettuale alla base del confronto, unitamente alla complessità della materia”. Ancora, viene ribadito che “il DOCFAP non costituisce un livello progettuale autonomo, ma propedeutico e funzionale alla successiva fase in cui si ha l’approfondimento delle analisi e delle indagini”.
Nella relazione conclusiva il Responsabile del MIT ha evidenziato che nel Dibattito si sono registrati elementi di grande utilità corrispondenti alle finalità che la normativa in materia richiede: “la massima diffusione dell’idea progettuale, portata dal DOCFAP in modo trasparente, completo e comprensibile”; “la possibilità, per tutti i soggetti interessati e  legittimati a presentare osservazioni e proposte, di esprimere i propri contributi”; “l’emersione dei nodi di conflitto e l’auspicabile raffreddamento delle connesse tensioni”. Su quest’ultimo punto, come riportato nel Documento conclusivo ed auspicato dal Responsabile del Dibattito Pubblico, il Consorzio conferma ancora la disponibilità e la volontà di poter collaborare e valutare congiuntamente interventi di mitigazione e compensazione».

Non conta il «no» deciso e ufficiale della Provincia Autonoma di Trento, non conta il «no» della provincia di Belluno: «Alla luce del Dibattito e della Relazione conclusiva pervenuta, il Consiglio di Amministrazione del Consorzio, riunitosi nei giorni scorsi, ha espresso il suo parere favorevole all’interesse e alla necessità di dover proseguire le fasi progettuali successive. Viene in particolare confermata l’opzione C proposta dai Progettisti, che - pur a fronte di un volume di invaso inferiore rispetto alle necessità e alle aspettative iniziali - si ritiene la migliore per contemperare anche gli altri fattori in gioco, in primis legati alle valutazioni sulla sicurezza e anche a quelle ambientali. Sotto tale luce si rafforza ulteriormente la necessità di integrare l’inderogabile necessità di un polmone di scorta e regolazione che la diga e il relativo bacino metteranno a disposizione con alcuni altri elementi che, pur essendo ritenuti di carattere “complementare” e non “alternativo” (ricarica della falda, risparmio irriguo, sghiaiamento bacini esistenti, incremento della disponibilità dei bacini esistenti per gli utilizzi irrigui e potabili della pianura, ecc.) e in parte sono stati già realizzati e/o progettati dal Consorzio. L’avvio della successiva fase di approfondimento progettuale avverrà inizialmente con un piano di indagini sulla sicurezza geologica». 
Il Consorzio «ritiene quindi doveroso procedere nell’approfondimento degli studi tenendo conto di tutte le esigenze e tutti i fattori emersi durante il Dibattito pubblico, mantenendo la massima apertura nei confronti di auspicabili sinergie per offrire opportunità a tutte le realtà territoriali. 
Se infatti nel Dibattito pubblico, apparentemente, si può aver constatato la presenza di due realtà territoriali “contrapposte”, in molti altri punti è emerso l’argomento per cui “l’Acqua è senza confini”; in questo senso non si vuole rinunciare all’idea e all’auspicio di una solidarietà tra montagna e pianura, per cui se le acque non vengono utilizzate a monte e sono essenziali per la sopravvivenza di valle, possano essere trattenute e regolate». 

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