I pesticidi all'origine del declino delle api
L’esposizione ad alcuni tipi di pesticidi tra i più utilizzati in agricoltura, in particolare i neonicotinoidi, da tempo considerata una delle possibili cause del costante declino della popolazione di api in tutto il mondo, ha gravi conseguenze per la vita di questi insetti.
Uno studio dell’Università di Trento (CIMeC e Dipartimento di Fisica), pubblicato sulla rivista Scientific Reports, indaga gli effetti che l’insetticida più usato al mondo (Imidacloprid), anche se presente nell’ambiente in concentrazioni ben al di sotto dei limiti letali, ha un effetto dannoso nel cervello delle api. Le ripercussioni rilevate nel loro cervello, dove sono state trovate dai ricercatori concentrazioni di pesticidi, riguardano l’ambito della memoria, dell’orientamento e, per la prima volta, viene dimostrata anche una connessione con la perdita dell’olfatto.
L’impiego di questo insetticida, derivante dalla nicotina e introdotto a partire dagli anni Ottanta come alternativa «sicura» al Ddt, è stato regolamentato più volte negli ultimi anni da direttive nazionali e comunitarie, ma il dibattito attorno alla pericolosità di queste sostanze, soprattutto per gli invertebrati terrestri e gli insetti impollinatori. è ancora aperto e acceso.
Ad alte concentrazioni questo insetticida provoca nelle api convulsioni e morte. Ma i problemi - come si rileva nello studio - si registrano anche a concentrazioni più basse. Si è infatti osservato che, nonostante le restrizioni imposte dalle normative (ad esempio il divieto di irrorazione durante la fioritura in Trentino Alto Adige), l’assimilazione di questo pesticida da parte delle api rimane alta, come dimostrano le concentrazione rilevate nel cervello.
Un problema che potrebbe derivare dal mancato rispetto delle regole, dall’esposizione tramite altri canali (polvere o guttazione, traspirazione di acqua dalle foglie) oppure dalla persistenza di questa sostanza nell’ambiente nell’arco di vari mesi.