Calliano vuole «riprendersi» la Ruina dantesca: «Non è quella a sud di Rovereto, ma quella a Castel Pietra»
Dov’era quella frana citata nella Divina Commedia? Non ci sono ovviamente certezze, ma Maurizio Panizza prepara una relazione e il sindaco Conci ordina subito una grande targa da apporre sulla strada
ROVERETO. «E se la Ruina dantesca fosse quella di Calliano?»
Non è la prima volta che se ne parla, e già anni fa alcuni studiosi (come il Bonifazi) avevano ipotizzato che la «ruina che di qua da Trento l’Adige percosse» citata nella Divina Commedia non fosse quella di Marco, ma quella attorno a Castel Pietra di Calliano.
Ora la questione è ripresa da Maurizio Panizza, appassionato di storia locale, il quale ha presentato le sue deduzioni alcune settimane fa durante una serata a castel Pietra voluta dal Comune di Calliano. É un’ipotesi storica, proprio come lo è la convinzione che Dante si riferisse alla Ruina di Marco, a sud di Rovereto (nella foto storica la famosa targa).
«É possibile che in futuro ci siano due targhe rispetto alla Ruina e la paternità venga divisa tra le due località» azzarda Panizza, che presto pubblicherà il suo studio anche su un volume realizzato dall’Università di Torino che parla di tutte queste vicende che ruotano attorno alla Divina Commedia. «Certezze non ce ne sono - spiega - ma solo ipotesi suffragate da indizi, come in questo caso; e gli indizi ci fanno propendere per la Ruina di Calliano. Il sindaco di Calliano, Lorenzo Conci, è già pronto ad ordinare la targa in onore del Sommo poeta e dei suoi versi:”«Qual è quella ruina che nel fianco/di qua da Trento l'Adice percosse,/ o per tremoto o per sostegno manco,/ che da cima del monte, onde si mosse,/ al piano è sì la roccia discoscesa,/ ch'alcuna via darebbe a chi sù fosse”».
«All’inizio del dodicesimo canto dell’Inferno - ricorda Panizza - il Poeta che sta per scendere verso il Cerchio dei violenti paragona quel passaggio, così scosceso e quasi impossibile da percorrere, ad un’enorme ruina, originatasi vicino a Trento, in riva all’Adige».
Per anni si è dato per scontato che questo posto fosse a Marco. «Sulla base di quali documenti? - s’interroga Panizza -. Per Marco esiste un’investitura ufficiale di 100 anni fa esatti, frutto non tanto di una ricerca storica, quanto piuttosto di un’operazione politica. In quegli anni eravamo appena usciti dalla Prima guerra mondiale in cui il Sud Tirolo, ovvero il Trentino Alto Adige era passato come bottino di guerra dall’Impero d’Austria al Regno d’Italia. Si doveva dare alla provincia appena conquistata, quel marchio di italianità che in quel momento era necessario per giustificare tutto ciò che era accaduto e cioè la guerra dichiarata dall’Italia all’Austria e l’annessione di fatto del Trentino-Alto Adige al Regno d’Italia. La figura di Dante Alighieri, il più grande poeta italiano, poteva così ben sposarsi con l’idea che la cultura italiana fosse da sempre parte sostanziale di quella trentino-tirolese».
Già questa riflessione permette di guardare al canto (quello dell'incontro di Dante con il Minotauro) con occhi diversi. Così hanno fatto alcuni autori, come «Ernesto Lorenzi, storico ed eminente studioso dell’Ottocento, che nel suo libro “La ruina di qua da Trento” del 1896 indica la frana del Cengio Rosso come verosimilmente la stessa citata da Dante».
Ad avvalorare questa ipotesi ci sono poi le accurate ricerche di Marco Bonifazi, amico di Panizza che con lui, recentemente scomparso, faceva parte di un gruppo di appassionati di storia che s’incontrano nella biblioteca di Volano. La scoperta di una frana che distrusse un piccolo vilaggio ai piedi castel Pietra sembra proprio corrispondere con l’immagine della ruina dantesca. Questi e molti altri sono i particolari svelati da Panizza nel suo studio. «Qualche spunto di riflessione lo ha dato - conclude il sindaco Conci - e per noi si apre un nuovo scenario: la ruina potrebbe essere anche quella di Calliano». Ma non per questo in antitesi con la ruina di Marco: «Anzi - suggerisce Panizza - ne potrebbe nascere un gemellaggi».